"Nella fretta di tutto ciò che fugge": tre poesie di Luis Garcia Montero

a cura di Luca Pizzolitto foto in copertina di Wilson Sgro Un bar non è la patria, ma il suo nome si scrive con l'inchiostro delle carte geografiche A Javier Rioyo Arrivare, aprire la porta, scendere al tiepido rifugio delle notti di pioggia. Il mondo è temerario nella sua precarietà, mantiene le distanze come i poeti superbi. Ma vi sono orari momenti di pienezza e abbraccio. Ricordo certe sere d'autunno nella mia città di color violetto, buio e gelsomini, e il dorso del mare - di prima mattina - quando l'azzurro e il sole non sono dei bagnanti o dell'estate, ma della perfezione del mondo sicuro della sua verità. E ricordo anche l'accogliente sorriso dei bar, dopo che le luci delle loro porte non abbiano ingannato. I bar come residui nella pioggia nel ventre selvaggio del freddo, nella lontananza o nella fretta di tutto ciò che fugge. Mi hanno dato un posto con le sedie vuote, i vu