Il viaggio interiore ed esteriore nella poesia di Elisabetta Ferrero
a cura di Mara Venuto
Della
poesia di Elisabetta Ferrero, poeta e docente universitaria
naturalizzata statunitense, colpiscono a un primo impatto visivo i
fenomeni di punteggiatura
testuale legati
alla valorizzazione
del bianco tipografico, di un ambiente per il pensiero.
Lo
studioso francese Michel Favriaud parla
di “punteggiatura bianca”, ossia degli spazi bianchi che vanno
a creare nuovi significati e un
ritmo
visivo, dato dalle pause e dalle corrispondenze verticalistiche,
ma anche dalla correlazione orizzontale fra i versi e gli elementi
posti a scalino. Un ritmo testuale più personale e anche potente di
quello creato dai
segni d’interpunzione
e che, in questa forma
grafico-visiva, di disposizione
dei versi sulla pagina e nel rapporto tra i
grafemi e gli spazi bianchi,
va sorprendentemente a rappresentare una lingua poetica
più schietta, una sorta di conversazione soprattutto interiore,
diretta e naturale.
L’artificio, ravvisabile in Ungaretti e
Luzi, lungi dall’attribuire ai componimenti di Ferrero un carattere
forzato, rende autentico il flusso poetico, grazie alla
consapevolezza nell’uso del mezzo lirico e a una lingua volutamente
pulita e precisa. Il digradare
visivo, le parentesi, e occasionalmente persino l’allineamento
inusuale a destra, suscitano un confronto, un processo interiore di
indagine; attraverso le pause, le sospensioni, i ritardi,
il “porsi a lato” e, ancor più, negli arrivi inattesi, l’autrice
offre una vera e propria epifania, approfondita dalla capacità
poetica di lasciare ai versi distaccati e isolati i significati più
profondi o allusivi.
L’analisi
dell’uso della punteggiatura, posta all’inizio di questa nota,
mira a evidenziare come la poeta affidi a ogni elemento un carattere
precipuo: la stessa ampiezza dei testi, d’altronde, salvo qualche
incursione negli haiku a mo’ di riposo interiore, evidenzia la
necessità di non sprecare nulla del vissuto, focalizzando sui più
minuti dettagli l’attenzione e la propria testimonianza.
D’altronde l’opera Con
i Tropici di mezzo
(Edizioni Tabula Fati, collana Poeti La Vallisa a cura di Daniele
Giancane) nasce come un tributo dell’autrice a una terra, la
Florida, lasciata dopo numerosi anni. Si avverte dunque, in questa
seconda raccolta di Ferrero in italiano, la volontà di lasciare un
documento, soprattutto emotivo, di luoghi, eventi, momenti, vissuti,
dettagli.
La
poeta predilige lasciare l’incanto alle immagini della natura
lussureggiante e dirompente della riserva delle Everglades in
Florida, ai cui abitanti originari, gli Indiani Miccosukee, la
raccolta è dedicata, affidando l’io poetico a una lingua di
trasparente accompagnamento, e ai segni testuali il proprio intimo
pensiero
(Solo qui si piegano i destini / della vegetazione agli umori della
terra e del cielo / con l’invito / delle correnti: / la ragione
dell’essere /montagna / laggiù mare).
Si
legge in una poesia sul finire della raccolta, “La
bontà indiscussa / di questi tropici / (mi assale) / e non riesco a
sottrarmi - ”, […] e ci vuole coraggio per resistere / senza
riparazioni / dolorose”:
in questi versi, che racchiudono gratitudine e nostalgia, si scorge
tutta la consapevolezza del distacco, senza che l’amore sia stato
corrotto dall’esperienza, la matura accoglienza della ciclicità
dell’esistenza. Ed ecco che la silloge si configura proprio come
una restituzione amorosa, sapientemente trasposta; l’autrice
caratterizza il suo dire con sapiente e abbondante uso delle figure
retoriche, non solo di quelle più usuali, come la metafora, la
sinestesia e l’anacoluto, nelle quali mostra di eccellere senza mai
strafare, ma anche di quelle più
rischiose, come l’iperbato, anastrofe e l'epifrasi.
Leggiamo
in altri due testi, “questa
aria tropicale / senza memoria, incide / sul mio andare, sperduta /
per questa terra di nessuno.”,
e ancora: “Profughi
– all’inizio della storia”:
così l’autrice, trapiantata in una terra abbacinante, sotto una
natura gravida e suadente, sembra non poter far altro che
abbandonarsi e schiudersi, come un opulento fiore tropicale dinanzi
agli occhi (Come
distinguere la partenza / di ieri / la pienezza di un fiore /
sbocciato al freddo / (anche improvvisando).).
E di questa nuova apertura la Poesia si fa specchio e trasparenza, e
anche il ricorso ricorrente al costrutto non-sequitur
approfondisce la percezione di dialogo interiore, di auto-scoperta,
esplorazione e nuova conoscenza di sé, in una conversazione intima
piana, frammentata dall’intromissione della vita stessa, ripresa e
riallacciata costantemente, senza paura e con curiosità (è
l’andatura liberatoria / sospesa, senza grandi discorsi).
Una poesia luminosa, quella di Ferrero, che richiama i colori del Parco nazionale delle Everglades, meditativa come accade nel confronto con la bellezza elementale, ma anche potente e immersiva, un viaggio esteriore e interiore in cui nulla del linguaggio poetico appare fuori posto, e in cui anche gli sprazzi di sofferenza sono consolati dalla percezione del ciclo energico naturale, che tutto trascende e dell’umana fragilità minimizza gli effetti.
PALUDE DI OAK HAMMOCK
Come indicare il sentiero
dalle estensioni aride
dimenticate da
Dio
di uccelli, che qui son tornati a nascondere l’inverno
le sottili intese tra gli insetti,
serpenti e
coccodrilli senza accorgersi
di
noi.
Dire addio a queste terre.
Mi richiamano quando il resto soffre
di
domestichezza
quel mito sotterrato in queste paludi e
terre
distinte –
e il sole
oramai alle spalle
rivendica la titubanza tratta dall’orgoglio.
Non è così che si riscattano le perdute
(abbassando gli
occhi) promesse con il passo
nel terriccio
fangoso:
trascinando episodi di pace e voluttà
spezzate qui dal vento
ma non si sa bene cosa sia questo
invito
plasmato dal vento e dal corpo
sa di
storie già dette e ancora
di più –
all’ombra dei cipressi
che nell’acqua sospendono
anche noi
vagando tra ritmi
logorati dal ciclo
vitale
senza drammi
o
pene da scontare.
*
Senza capire
L’attesa dei germogli.
Fiorito il mirto
*
AQUILA CALVA
Nel taglio di un verde / il mattino si
rivela
senza o con il freddo
(intraprendente)
tutto al singolare
come un colore
unico
trascina
con sé
il tepore di prima:
l’aria fremeva
di gioia
(quelle tue montagne)
Lungi da me, le fiaccole spente
sono
state rimesse in cantina –
riprendere solo l’indispensabile,
diceva lui,
lasciare scorrere lungo la diga
le
paure;
con la mano che spinge
la pietà
dietro la porta –
Inutile dipingere di giallo
quella
casa vuota.
Un atto di fede / l’altura da cui spiccherai il volo
*
SHARK VALLEY
– La pioggia, come noi
Bisognerebbe
camminare fino quando i prati
non si sentono più
Come quei gatti fuori che non si lamentano
mai
Sistemandoci all’incirca come
uccelli
Senza chiedere, voler fare o
rifare
E abbassando il capo
ritorno mendicante –
Accettando di essere
come i sospiri di tanto
prima
incapace
di mutare;
le
foglie non possono fare altrimenti
come la terra
è terra
bagnata sotto ai piedi
(tutta) la
lucentezza –
senza imbarazzo alcuno
Senza fretta
*
PROFILO B
Si entra in una storia così per caso,
discorrendo,
trafficando dietro ai lavori
manuali;
efficaci le mani.
Tardi
scompariranno all’orizzonte
anche
senza farci caso e il freddo
interprete ci racconterà
un’altra storia con un
finale diverso.
– Grazie per una serata
straordinaria tanti
bei suoni,
immagini splendide,
e buona compagnia.
Soccorrendo quel
pellegrino occasionale
e poi quello che tu
dici, le cose le vivi
sulla pelle.
Come un’icona cinese
spersa nella valigia
del primo
viaggio.
Mi sto adattando
al ritmo di
questa vita campestre.
Mi ha fatto piacere
rivederti.
*
Gocce di pioggia
Bisbigliano tra loro.
Occhi d’argento
*
Elisabetta Maria Ferrero è nata a
Torino, emigrata negli Stati Uniti, attualmente vive nel North
Carolina.
Ha conseguito un dottorato di italianistica dalla
Rutgers University (New Brunswick, N.J.) e un master in
etica
dalla St. Thomas University (Miami Gardens, Florida). È docente
universitaria di etica ambientale.
Numerose le conferenze, i
simposi, e le opere divulgative di etica ambientale e sociale.
Ha tradotto in inglese la poesia di Antonia Pozzi. Ha collaborato con Mario Luzi alla traduzione in inglese delle sue poesie, con alcune di queste apparse nel libro d’arte, Ad un tratto (Edizioni O. Genzini & P. Daverio, Milano 2003). Inoltre, negli Stati Uniti ha pubblicato poesie in diverse riviste letterarie e libri; la pubblicazione più recente è Barefoot Mapping (Redwoods Institute Press, Miami, Florida, 2007).
Con i tropici di mezzo è la sua seconda silloge in italiano, poesie scritte durante gli anni trascorsi nel sud della Florida, nelle terre semi-tropicali delle Everglades.
La foto di copertina è di Jonathan Martin.
La foto che si trova nell'articolo è di Jametlene Reskp.