Breviario dei luoghi infranti (III) - dalla G alla I
Tremano i paesi dell’Appennino imboscato. Tremano nomadi nell’inverno di chi li ha trascurati. Ognuna di queste parole è un sentiero per andare a trovarli. In silenzio. Avvolti dalla quiete frondosa del mattino. Ventuno parole che ci invitano a riflettere sul nostro Appennino. Sull’urgenza, etica e materica, di riposizionare gioia e tenerezza. I paesi ci chiamano con una voce di carezza.
Gentilezza
Strumento, attitudine, pertugio. Rivoluzione. Entrare in un paese è come entrare in ospedale: serve abbassare la voce, disporsi a osservare, ad accogliere, a stringere una mano. Sui nuovi margini abitano quasi esclusivamente anziani: allora sorridere, ascoltare, carezzare la precarietà di questi istanti è come salvare questi luoghi e queste anime da un naufragio. La gentilezza sana e preserva.
Habitat
Le prime immagini di un luogo sono (quasi) sempre le istantanee di un punto di non ritorno. Stanno a indicare l’equilibrio, lo zero, l’habitat ideale. Immortalano il momento esatto in cui l’uomo c’era e non sfociava. Costruendo dove si poteva, utilizzando materiali di cui il luogo disponeva: il legno e la pietra. Conoscere il senso dei luoghi induce all’etica, all’igiene. Indica la strada.
Incanto
Incantarsi. Virtù di fotografi e poeti, di pastori ed eremiti, di gente che ha perso il passato e che ora prova a comprendere il presente. Ci sono luoghi di cui non resta che un rudere, un muro morso dal rimorso dei rovi, dalla pioggia, dalle schiene ruvide e scattose degli animali. Ci sono luoghi selvatici, taciturni, nascosti, padri di simboli e madri di ricordi, la cui ricchezza non sbraita, non si impone, non fa ombra ma è soltanto da intuire. Questi luoghi non sono vicini, spesso bisogna raggiungerli a piedi: si fanno attendere, desiderare. Balbettano, scricchiolano, cigolano: è questo il loro modo di incantare. Era (da qualche parte è) facoltà dei bambini giocare con poco, stupirsi di ciò che li rende leggeri. Essere pronti all’incanto rovescia il mondo.