"E così siamo vita, e frontiera di questa terra, e cose nelle mani": alcune poesie di Gabriel Del Sarto



a cura di Luca Pizzolitto



VIDAS VIVIDAS


                           a Bartimeo, cieco



Capire può non servire, in questo troppo azzurro luce,

nel sole che prosegue col bucare febbraio. Cose

da dire taciute: è pieno di bellezza

il vuoto che al fondo del nostro cercare

sempre riappare. Le preghiere

hanno atteso le parole. La canottiera

di lana sudata, brividi di febbre, appiccicata alla schiena.


Poi edificammo contentezze per istinto

di conservazione, il gesto e il saper vivere. Morire.

E ritrovar noi sopra le cose

perse quando non cessano i venti, moti e attese, nel cuore

della notte, è uno solo il vento se lo ascolti,

i crampi, le insonnie con geometrie di ombre

e luci. E pure questo, credere per istinto di conservazione,

pure questo è

sublime e quotidiano.



***



FOTOGRAMMI



In queste mattine le mansarde

si spalancano dopo mesi

respirano i viali le prime invasioni

di parmigiani e milanesi.


Controluce la vecchia cicatrice a lato

del ginocchio - un tackle scivolato

su un pezzo di vetro - la puoi scorgere

ancora se vuoi. Le mie urla

di dolore e paura.

Ecco la vita sembra questa

e la vanità, rappresa in fotogrammi e cieli

estivi. Davvero

tutta qua - i susini del giardino

per anni si gonfiarono, impazienti,

di piccoli seni verdi con la punta rossa, sempre più rossa,

più estesa, finché sono maturati,

pronti per la marmellata di stagione.


I giorni hanno questa loro questione

d'ordine, una necessaria crescita e complessità e morte

di cui noi sopportiamo i vuoti.



***



LA DIFFERENZA



Una canzone bellissima, ascoltata in auto

alla fine del giorno. Ci sono

le mie sere uguali in città

nei rientri, l'asfalto bagnato

e triste col sacchetto della spesa,

il cibo della famiglia,

quando poi il tempo che mi aspetta

è scandito dai racconti dei figli,

dare notizie del mondo, la partita,

l'intervallo dei pensieri.


Fermarsi

davanti al cancello di casa, un secondo

nel freddo vero,

soli da millenni, conoscendo attese,

e percepire la silenziosa

soglia del tempo e la minima differenza

fra le mie mani e la loro assenza.







V



Forse resterà solo chimica e bianco

sulla strada, e la polvere

su ogni protocollo, su ogni foglio e atto,

su ogni compensazione impossibile. Solo polvere

e vento, e molecole divise

e bianco negli occhi e sulle foglie

per una festa finita,

fin quando il vento e l'acqua nuovamente

passeranno.


Cammino fra queste pietre

levigate, le vene, i tunnel, i fiumi sotterranei

intossicati, il filo diamantato

che corre veloce,

e con una pietà mai prima provata

per una terra occasionale

la mia didascalia è muta. I rami forse ancora

si fidano del vento

ma io non so, talvolta la mia voce

segue traiettorie siderali

ricomponendosì solo nella verità finale

di una casa inglese, distante e vuota - una segreteria

a raccoglierla, come in un'altra età della pietra.



***



VII


La spiaggia e il vento che pulisce e confonde

ora pulsa nella notte

la mia città gli sguardi i respiri

e ogni cosa, prima e dopo la striscia arancione

del lungomare, relitti di ecosistemi, zone obiettivo 2.

Seduto su questa sabbia osservo

la piattaforma nera del mare. Sembra petrolio, memoria

delle ere prima di essere cronaca,

e nuove guerre.

Negli angoli

delle nazioni ci sono amori e ingegnerie,

avanzi e disperazioni, e i grattacieli con le nuvole

che trascorrono nelle ore, e si riflettono sugli

acciai, i vetri a specchio degli uffici, l'aria

climaticamente diffusa sulle persiane, sulle scrivanie.


Lungo il meridiano ovest

i giorni, la salute, il bilancio familiare

la nostra inconsistenza.

I fulmini nell'orizzonte si ramificano precisi,

e così siamo vita, e frontiera di questa terra, e cose nelle mani.



***



LA CORSA



Questo che, più o meno velocemente, si sfalda.

Pioggia e memoria, le cose quiete

che scivolano in un'aria pulita

come dentro un dipinto lontano

e le persone - il vento - sole fra loro.

Vorrei essere ricordato nell'atto

unico di guardarti. Mentre si sfalda, adesso

anche il tramonto di un 25 aprile,

lo spazio, i lampioni che si accendono

del lungomare, altre palme quasi

scure e la pista ciclabile, rossa,

da cui si alza la corsa del tuo skate,

quando quello che resta

è lo sguardo, un dettaglio di realtà ferma,

in attesa

e viva, in questo momento che si fissa,

onda o luce, prima

che serva a un altro, e alla sua difesa.




***



SFERE



Nelle sfere di questa lunga notte

siamo vivi se ci affidiamo

alle antenne, a numeri

e altre bolle protettive

che persistono fra le sfumature

della città, mentre l'alito si mescola

con la luce arancio, sul parabrezza

umido. Quando anche le attese deludono

ti accorgi che i viaggi sono solo

intervalli, lampi metallizzati,

fra le assenze i bilanci. Neon

e altre polveri.


Le porte, domani, e un mattino

in cui chiedersi se amare

è ancora togliere morte

se il cosmo non ci ignora - se non fossimo soli.







Gabriel Del Sarto ha pubblicato le raccolte I viali (2003, Atelier), Sul vuoto (2011, Transeuropa) e Il grande innocente, (2017, Nino Aragno) rivisitate nel recente Tenere insieme (2021, Samuele Editore).

Ha pubblicato un saggio monografico sulla poesia di Turoldo (Raccontare la verità, 2019, Lamantica) ed è autore di saggi a carattere pedagogico come Raccontare storie (con F. Batini, 2007, Carocci) e In un inizio di mattina (2012, Transeuropa).

 








L'immagine di copertina è uno scatto di Luca Pizzolitto.
Le poesie che avete letto sono tratte da Gabriel Del Sarto, "Tenere insieme", (pordenonelegge// Samuele Editore)

Post popolari in questo blog

Alessandra Corbetta: con la poesia perdonare l'estate della vita

Isabella Bignozzi: il nostro cristallo farsi anisotropo

Qualcuno che canti le follie di Dio (VI) - Come nevicasse