I maestri (III) - Giuseppe Ungaretti



a cura di Luca Pizzolitto



I foto all'interno di Luca Pizzolitto



II foto all'interno di Claudia Castanò







Eterno



Tra un fiore colto e l'altro donato

l'inesprimibile nulla.



**



Nasce forse



C'è la nebbia che ci cancella


Nasce forse un fiume quassù


Ascolto il canto delle sirene

del lago dov'era la città



**



Il porto sepolto




Vi arriva il poeta

e poi torna alla luce con i suoi canti

e li disperde


Di questa poesia

mi resta

quel nulla

d'inesauribile segreto



**



Lindoro di deserto




Dondolo di ali in fumo

mozza il silenzio degli occhi


Col vento si spippola il corallo

di una sete di baci


Allibisco all'alba


Mi si travasa la vita

in un ghirigoro di nostalgie


Ora specchio i punti di mondo

che avevo compagni

e fiuto l'orientamento


Sino alla morte in balia del viaggio


Abbiamo le soste di sonno


Il sole spegne il pianto


Mi copro di un tiepido manto

di lind'oro


Da questa terrazza di desolazione

in braccio mi sporgo

al buon tempo




**


Dannazione


Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perchè bramo Dio?


**


Veglia


Un'intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d'amore


Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita







Sono una creatura


Come questa pietra

del S. Michele

così fredda

così dura

così prosciugata

così refrattaria

così totalmente

disanimata


Come questa pietra

è il mio pianto

che non si vede


La morte

si sconta

vivendo



**


Un'altra notte



In quest'oscuro

colle mani

gelate

distinguo

il mio viso


Mi vedo

abbandonato nell'infinito





**




Preghiera




Quando mi desterò

dal barbaglio della promiscuità

in una limpida e attonita sfera


Quando il mio peso sarà leggero


Il naufragio concedimi Signore

di quel giovane giorno al primo grido




**



Ora potrò baciare solo in sogno

le fiduciose mani...

e discorro, lavoro,

sono appena mutato, temo, fumo...

come si può ch'io regga a tanta notte?




**


Fa dolce e forse qui vicino passi
dicendo: “Questo sole e tanto spazio
ti calmino. Nel puro vento udire
puoi il tempo camminare e la mia voce.
Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso
lo slancio muto della tua speranza.
Sono per te l'aurora e intatto giorno”.


**


Ora il vento s'è fatto silenzioso
E silenzioso il mare;
Tutto tace; ma grido
Il grido, solo, del mio cuore,
Grido d'amore, grido di vergogna
Del mio cuore che brucia
Da quando ti mirai e m'hai guardata
E più non sono che un oggetto debole

Grido e brucia il mio cuore senza pace
Da quando più non sono
Se non cosa in rovina e abbandonata.


**


Segreto del poeta


Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D'attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m'aggrada, senza mai distrarmene.

Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce.






Si percorre il deserto con residui
Di qualche immagine di prima in mente,

Della Terra Promessa
Nient'altro un vivo sa.



**


Soffocata da rantoli scompare,
Torna, ritorna, fuori di sé torna,
E sempre l'odio più addentro di me
Farsi sempre più viva,
Chiara, affettuosa, più amata, terribile,
La tua parola spenta.


**


La tua luce


Scompare a poco a poco, amore, il sole
Ora che sopraggiunge lunga sera.

Con uguale lentezza dello strazio
Farsi lontana vidi la tua luce
Per un non breve nostro separarci.





Giuseppe Ungaretti nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez.
A due anni il poeta subisce il primo lutto in famiglia: la morte del padre. Il periodo egiziano lascia nella mente dello scrittore ricordi esotici, uniti a esperienze giovanili di consolidate amicizie, come quella con il compatriota Enrico Pea, fondatore del circolo anarchico la «Baracca rossa».

Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi: studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia di Bergson, ma non si laurea. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, venendo a contatto con Apollinaire, Picasso, Braque, e con gli italiani De Chirico, Modigliani, Soffici, Papini, Palazzeschi, Marinetti e Boccioni.

Rientra in Italia nel 1914, si abilita all'insegnamento della lingua francese e lavora a Milano. Questo è il periodo in cui inizia la sua attività poetica. Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista, si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso.

Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il «Popolo d’Italia».
Durante il suo soggiorno francese sposa Jeanne Dupoix e pubblica con Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919).

A causa della precaria condizione economica, nel 1923 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli Esteri.
Nel 1931 esce l'edizione definitiva, de l’Allegria, il volume pubblicato originariamente nel 1916 con il titolo Il Porto Sepolto, quindi nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi.

La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede religiosa, che rappresenta per lo scrittore l’ultimo appiglio dell'uomo smarrito di fronte alle angosce esistenziali e al dolore della morte. Il recupero fideistico da parte dello scrittore comporta la ripresa di una metrica più tradizionale che vede l’impiego dell’endecasillabo e del settenario.

Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della «Gazzetta del Popolo», che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio di nove anni.
A questo tragico evento sono dedicati molti dei versi raccolti nella prima parte de Il dolore, in cui l’uomo ungarettiano lotta per conservare la fede di fronte agli imperscrutabili disegni divini.

Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d'Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma.
Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente universitario e Mondadori comincia a pubblicare le sue poesie: Il dolore (1947), La Terra promessa (1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1961) e Vita di un uomo (1969).
Quest'ultima raccolta racchiude tutta la sua produzione poetica, inclusi i suoi saggi critici e le sue traduzioni, tra cui Gòngora, Mallarmé e Blake. Ungaretti termina così la sua opera letteraria, un anno prima della sua scomparsa.

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