Carla Malerba: Verrà il tempo tuo più felice
a cura di Annalisa Ciampalini
fotografia in copertina di Luca Pizzolitto
Con questo
testo mi propongo di evidenziare alcune caratteristiche dell’ultima opera di
Carla Malerba, "Poesie future" (puntoacapo Edizioni, 2020), una raccolta breve e
intensa che possiede la non frequente qualità di saper coinvolgere il lettore.
Nella suddetta silloge è infatti presente una vitalità, sicuramente basilare
per il pensiero poetico della nostra autrice, che si concretizza attraverso una
scrittura aperta, che volge verso la luce, consentendo al lettore di percepire
le emozioni e i sentimenti che permeano l’intera scrittura. La poetessa
dimostra di saper gestire con sapienza il verso e di conoscere la misura adatta
al suo desiderio di comunicare, il respiro giusto che le permette di creare una
costante ed efficace tensione.
Ivan Fedeli, nella bella e precisa prefazione al libro, scrive: <<Il linguaggio, piano e articolato, avvolge e penetra, attraversando il lettore come una carezza tentata e mai data del tutto. Ne deriva la sensazione di una dolcezza inquieta, viva: essa pulsa e coinvolge, quasi il vissuto personale si trasformasse in una forma di comprensione del mondo attutita da bagliori, incertezza.>>
"Poesie
future" si presenta come un viaggio poetico attraverso il
tempo, i luoghi e le occasioni, tale itinerario è narrato dalla voce limpida e
onesta della poetessa che ci consegna versi scritti con accuratezza e mai
banali, talora modellati attorno a uno slancio che permette alla scrittura di
farsi autentica poesia, e quindi di accorciare le distanze, di scombinare
l’ordine cronologico degli eventi, di comporre e disgregare. Il viaggio non
sembra tuttavia voler giungere a una meta, ma seguire l’evoluzione di un
dialogo che la voce interiore di Malerba instaura con un altrove che contiene i
suoi pensieri, i sogni, il suo modo di intendere il mondo e la vita.
È importante menzionare che l’autrice, sebbene viva in Italia da molto tempo, è nata in Africa settentrionale e che di quella terra conserva un ricordo profondo e indelebile.
<< Di colonne stagliate /su azzurri di acque e di
cieli,/di strade segnate dai millenni /era ricca la mia terra.>> scrive
in un componimento dedicato alla terra di Libia e posto nella prima sezione del
libro. Ma la luce e l’azzurro sono elementi che tornano, come ad esempio nei seguenti
versi: << L’estate spande intero/ il suo colore/ e s’inoltra/ il silenzio
nelle cose./ Giallo il sole,/lontano un abbaiare..>> e una luminosità
tipicamente mediterranea si riversa sulla silloge alternandosi a immagini di ombre
serali, producendo, in tal modo, un senso di dolcezza e di struggente nostalgia.
Sono
fortemente presenti, in questa opera, il tema del distacco e quello della
mancanza, ma la poetessa si muove mantenendo sempre una speranza accesa nel
cuore, come se sapesse che “quel che non è più” conserva la possibilità di
poter essere ancora, in qualche istante, in qualche luogo e secondo differenti
modalità. Il sentimento di solitudine e di dolore può tramutarsi, a volte, in forza
interiore, fino a costituire nutrimento per l’anima: <<Quella notte mi
persi /in una solitudine di stelle.// Dall’alto mi spioveva/ un senso vitale,
la mia forza,/ il mio dolore umano./>>
<<Tu sei/ dove nulla si perde del vissuto/ e di vissuti diversi ti alimenti,/ non nell’angusto spazio/ delle case di pietra/ al cui richiamo cedo talvolta/ per trovarti,/ ma nell’anima del mondo/ con tutto ciò che è stato dato/ di pollini, di suoni e di silenzi../>>.
Allora, anche saper cercare chi non è più al
nostro fianco può diventare un’arte benefica: se il ricordo è ben costruito, se
la persona invocata è cercata nella sua essenza, ecco che, qualcosa che prima mancava,
un attimo dopo può tornare a vibrare, ad accendersi, a farsi, in qualche modo,
presenza.
In fondo la
vita è complessa, ricca e mai del tutto conosciuta, così come lo sono i
pensieri, i sogni, le possibilità e la poesia. C’è sempre qualcosa che si realizzerà
in un futuro indeterminato: basta vivere profondamente, in accordo con una
vastità che ci contiene, invisibile eppure presente.
<< Hai
lasciato sul tavolo/ parole lievi e alte./ Andando via/ sei rimasto/ più vero e
vivo di altri.>> scrive Carla Malerba in una poesia collocata nell’ultima
sezione del libro. E nonostante la mancanza, il distacco e il dolore umano che
ne consegue, la via che conduce alla gioia non è mai troppo lontana da questi
versi.
A volte prende forte
di
pensieri
una
strana mescolanza.
Ti
rammenti
la
terra natale?
Anche
se non era la tua terra
l’hai
amata come tale,
e
se non era il tuo
il
suo idioma,
lo
sentivi familiare.
E
sempre
ti
segue forte
una
solitudine amara,
un
doloroso straniamento.
**
Che
strano gioco
quest’aria
senza vento
e
questa luce piena nella stanza.
L’estate
spande intero
il
suo colore
e
s’inoltra
il
silenzio nelle cose.
Giallo
il sole,
lontano
un abbaiare,
una
sedia nel mezzo della stanza.
**
La
sera con la sua dolcezza
ingombra
l’animo di pace,
si
annullano grida e clamori.
Le
ombre si allineano quiete,
compagne
silenti.
Stordiscono
certi profumi
nelle
viottole di campagna.
Noi
qui
siamo
sospesi
come
finestre spalancate sulla notte.
(Apparsa nell’antologia poetica Novecento
non più)
**
Oggi si dispiegano i giorni
uno
sull’altro
come
fogli caduti d’almanacco.
Guardo
quella finestra
da
cui un lembo di tenda
appena
si intravede.
Gli
oleandri che amava son sfioriti
la
sedia sul balcone si scolora
e
la vestaglia rossa abbandonata
nell’ombra
della stanza
più
non dice.
**
Se
vuoi ti cerco
dietro
l’angolo retto
all’incrocio
dei muri
dove
non ti ho mai perso
o
torno a prenderti
su
quella spiaggia
di
un lontano agosto.
E
se potessi ancora
dislocarmi
chiederei
al gioco
di
non escludermi
di
darmi
occhi
stellati di stupore
per
esservi accolta.
Ecco
ti trovo
in
questi scarti di attimi
in
questo mio imperfetto accudimento
spesso
avaro di abbandoni.
Ma
basta solo l’incresparsi
del
tuo labbro
per
riconsegnarti a me.
**
Quando si torna
le
luci nella notte
sono
i sogni sospesi
dei
dormienti,
i
battiti dei cuori
nella
notte.
Attenua
la paura
del
non sapere
la
dolcezza dell’amico accanto.
Hai
visto
precipitare
rocce
nel
più cupo azzurro,
paventi
un tempo
menzognero
di promesse.
Ma
noi ora,
quando
si torna,
legati
da un filo
non
tenue o passeggero,
abbiamo
la nostra eternità.
Carla Malerba è nata in Nord Africa, ma dal 1970 risiede in Italia. A Tripoli, sua città natale, pubblica giovanissima i suoi primi versi. Dopo aver conseguito la Maturità Scientifica si iscrive alla Facoltà di Lettere Moderne a Catania. Interrompe gli studi a seguito di eventi politici legati al suo paese d’adozione. Si laurea successivamente presso l’Università degli Studi di Siena con una tesi sulla poesia per l’infanzia. Ha insegnato Materie Letterarie ad Arezzo, città nella quale vive tuttora.
Nel 1999 pubblica a Cortona la sua prima
raccolta “Luci e ombre “, seguita nel 2001 da “Creatura d’acqua e di foglie
(Ed. Calosci, Cortona). In esse i temi della perdita e del dolore si fanno pressanti
anche se, a tratti, la memoria assume una funzione salvifica. Con le raccolte “Di terre straniere” e “Vita
di una donna” (edite entrambe da La vita felice, Milano 2010 e 2015) la
poetessa riprende i temi del viaggio esistenziale e degli affetti.
“Poesie future” (Puntoacapo editrice,
giugno 2020) è la sua ultima raccolta.
Della sua produzione poetica si legge
nei seguenti blog: Pioggia Obliqua Scritture d’arte, Fiordalisi-Menti sommerse,
Alma poesia, Poetrydream, l’Altrove, Arte Insieme, Transiti poetici, Parola
poesia, Almanacco Punto, Pomeriggi perduti, Di sesta e settima grandezza,
Frequenze poetiche, It’s Friday (Fara poesia) La rosa in più.
Ha ricevuto riconoscimenti per la poesia
edita ed inedita in vari concorsi nazionali.
Collabora alla rivista internazionale di
poesia “Frequenze poetiche” a cura di Giorgio Moio e scrive su “Essere”
periodico del CEIS di Arezzo.