Valentino Fossati: Il ritratto del padre dove batte la luce
Nel testo che propongo qui di seguito presento l’ultimo libro di Valentino Fossati Il sogno (CAPIRE Edizioni, 2022, prefazione di Maurizio Cucchi), attraverso un percorso in cui mie riflessioni si alternano alle risposte che Valentino ha gentilmente fornito ad alcune domande. Si tratta di una presentazione dove vengono presi in considerazione solo certi aspetti dell'opera, non di un’analisi completa. Dato che ci troviamo di fronte sostanzialmente a un libro di prosa ho scelto alcuni paragrafi particolarmente significativi e li ho riportati. Proprio qui sotto, e per intero, possiamo leggere il prologo, in modo che, fin da subito, sia possibile avere un’idea del tipo di scrittura di cui andrò a parlare.
Prologo
“Il padre nel viola un altro giorno di calura. Refrigerio, un soffio,
a capotavola si abbandona. Compleanno, il brindisi al di
qua dell’ombra, tutti intorno a lui come non mai. Le figlie coi
loro uomini perché devoti, nonna sparecchia e cerca il bastone,
guarda i bimbi loro giocano, si rincorrono, si lanciano sudati sul
dondolo. Il padre fissa il cielo, ascolta… Parole confuse, brusio,
soltanto il suo minuscolo regno, peccato, prima o poi dovrà tacere
tutto senza di lui, così in pace questa casa, nel dolcissimo serale
brulicare dei lumi.”
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Prima di leggere “Il sogno” conoscevo Valentino Fossati solo attraverso alcune poesie comparse in rete, e che avevo letto e riletto trovandole molto evocative e dotate di quella densità che chiama e mai si esaurisce. Dell’autore mi aveva colpito anche la capacità di riuscire a convertire, senza alcuno sforzo apparente, la parte più preziosa e complessa della sua interiorità in versi perfettamente modulati. Ed è proprio da questa feconda corrispondenza che, a mio parere, si genera una scrittura in cui atmosfere oniriche e visionarie sono attraversate, senza forzature, da scene e luoghi che conservano integralmente caratteristiche di concretezza e quotidianità. Anche in questa ultima pubblicazione persiste tale splendida corrispondenza e produce una scrittura in prosa che si modula perfettamente sulle varie situazioni, conservando intatti lo slancio e l’incanto poetico.
“…Inverno nelle città, febbraio a Roma,
pochi passi dalla breve primavera. La casa sgombra pagheranno
tutto, i compagni assassini pagheranno caro. I cortei, le spranghe,
tutto brucia. Il quartiere, le tre auto: a viso scoperto scendono,
si avvicinano al gruppo; si tendono, sparano, cade il giovane un
altro si avvicina… Lui è a terra, gli sale sopra, ecco. Dietro sparano
nel vuoto, s’inceppano le pistole… Il giovane a terra lo guarda
perché? Lo sparo in faccia, il killer, la grazia… Giovinezza, lo
scandalo Dio non sei qui, non con noi, perché non sei? Né intimità
né tenerezza perché? Impassibile il nero, i palazzi, il freddo, indecifrabili
i sogni del bambino.”
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In questa opera, pur non essendo presente lo schema del verso, non viene mai meno l’incedere sicuro di un ritmo che trascina il lettore tenendolo costantemente in uno stato di tensione e di attesa. Fossati riesce così a realizzare, come scrive Cucchi nella prefazione al libro, “un testo di non comune densità e coerenza interna, composto sull’idea guida di una prosa su misure varie, fino ad arrivare al racconto vero e proprio, ma producendosi in una narrazione particolare, in quanto quasi sempre increspata da accensioni poetiche, da modulazioni interne”.
Secondo la tua esperienza, si può scegliere se scrivere in versi o in prosa? Oppure un’opera viene alla luce seguendo un preciso dettato dal quale non può sfuggire?
V: L’uso
del verso o della prosa non si può decidere a priori, è semplicemente qualcosa
che accade, proprio come accade un po’ tutto. Lo definirei un accadimento
interiore: una modulazione del respiro che nasce e cresce in te fin quando diventa
movimento conduttore e si trasforma in parole, in scrittura.
Il libro è ricco di immagini, di dinamiche che si alternano, ma non creano mai frenesia, inquietudine, nemmeno quando ci troviamo di fronte a momenti fortemente drammatici. Le scene sopraggiungono a ondate, sono frammentarie, hanno la natura del sogno e si dileguano velocemente per far posto ad altre situazioni, senza che venga perduta l’organicità dell’opera. Fossati crea così uno spazio denso e ampio allo stesso tempo, dove si avvicendano paesaggi urbani, spiagge, preghiere, stagioni, gite e la dolce e protetta intimità familiare. Accanto a frammenti di vite narrate, ad accadimenti privati e a un dolore intimo, si snodano le vicende della Storia, e tra queste non sarà difficile riconoscere alcuni momenti dolorosi per la storia italiana.
Leggendo questo libro si ha l’impressione che colui che scrive stia ricordando, immaginando, sognando, e che ognuna di queste attività sia capace di innescare le altre. Sembra inoltre che la scrittura avvenga nei momenti in cui la dimensione onirica e quella immaginativa sono particolarmente dense, fervide come quelle di un bambino. Un bambino che, oltre a immaginare e sognare, osserva, ama e costantemente cerca. Una creatura consapevole, in qualche modo, che la vita è grande, che ha molte possibilità, ma che è anche fragile, spesso mancante di qualcosa.
Cos’è l’infanzia? Come
definiresti questa fase della vita?
V: Più che una fase della vita l’infanzia è un
tempo, o meglio, un non-tempo dove si genera la memoria e dove la memoria fa
sempre ritorno spinta da una forza gravitazionale che definirei cosmica.
Nell’infanzia cominciano a rivelarsi alla creatura quelle profondità abissali
che sono in ognuno di noi. Credo che ci sia una corrispondenza fra il ritorno alle
ragioni profondissime dell’infanzia, alle rivelazioni di quel periodo, e la
ricerca dell’eterno.
“Prima della cena, dimorare. Bellezza è aspettare il padre, nascosta
inventare preghiere. Lui la chiama, eccolo, aspettare il suo ritorno
sempre. I ragazzi sulla piazza, i paesi lontani i loro lumi. Si spegne
il pomeriggio, raccolgono le madri i bambini stanchi, nel grembo
degli alloggi, luci fioche, tappezzerie… La novena a dicembre, nel
viola la sacrestia, le navate, un volto di sacerdote indovinarlo sol-
tanto. Al di là, nella quiete, foto immagini l’infanzia sua. Lei non
sa, non prevede… Lontano ora quel punto esatto, il ritratto del
padre dove batte la luce.
…………”
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Le scene narrate nel libro sono popolate da diversi personaggi. Alcuni sembrano arrivare casualmente sulla scena con le loro vite che transitano, che iniziano e si concludono entro un breve spazio. Altri invece sono riferimenti, e tornano frequentemente nella narrazione. Tra tutte spiccano due figure: quella del padre e quella della nonna. L’impressione è che il padre sia fondamentale, ma quasi mai pienamente presente, è fortemente atteso ma è come se fosse sempre in procinto di andarsene, impossibilitato a restare.
Ci puoi parlare della figura del padre?
V: È principalmente un sentimento di nostalgia profonda a dirigere la mia scrittura e a far sì che si concentri sulla figura paterna. Una nostalgia presente da sempre e che deriva dall’assenza del padre. Per capirsi meglio, è quel tipo di sentimento che si può sperimentare quando viviamo accanto a una persona, con pienezza totale, sapendo che tra non molto se ne dovrà andare per sempre.
Per concludere, una domanda di carattere più generale. Ti chiedo se c’è qualcosa che vuoi dire riguardo alla poesia e che ritieni possa essere importante basandoti anche sulla tua esperienza di poeta.
V: La poesia, in virtù di quella profondità abissale da cui attinge, e che ho menzionato in una risposta precedente, si manifesta solo per grazia. Questo a prescindere dal tipo di poesia che si scrive. La poesia non è istituzionalizzabile: non c’entra niente con le formalità, non obbedisce a regole precise. Ci sono libri, giornali, premi, occasioni pubbliche e tutto ciò può servire ai poeti, ma il manifestarsi della poesia non è istituzionalizzabile, avviene per grazia.
Valentino Fossati, Genova, 1974. Laureato con una
tesi sulle antologie di poesia
italiana (relatore Alberto Bertoni). Ha pubblicato articoli e saggi quali Leopardi
nelle prose e nei versi (1998) insieme a Davide Rondoni, Pasolini e la
letteratura dell’impegno (Laterza,1999) e Accademico di nessuna
accademia (Marietti, 2010) con Guido Monti. Per il teatro ha scritto Quel
grido dell’altra notte (2005) e Alba infinita (2008) interpretato da
Franco Branciaroli. In poesia ha pubblicato: Gli allarmi delle stelle (Marietti
2007), premio Laudomia Bonanni città dell’Aquila e premio Orta S.
Giulio per la migliore opera prima); La gioia (2014); Inverno, (CartaCanta, 2016) e la revisione de Gli allarmi delle stelle (Vincitore
Premio Prato Poesia 2020); Il sogno (CAPIRE Edizioni, 2022)