Emanuela Dalla Libera: Nella luce che divora l'orizzonte
a cura di Annalisa Ciampalini
Presenterò, all’interno del testo che segue, l’ultima pubblicazione di Emanuela Dalla Libera, la raccolta poetica “Infinito andare” edita da Il Convivio Editore nel 2022.
Lo spazio e il tempo sono da sempre elementi fondamentali per l’uomo, fortemente presenti nell’evoluzione del pensiero, delle teorie di natura filosofica e scientifica, all’interno dello sviluppo delle varie arti. Il luogo e il tempo sono imprescindibili quando costruiamo un ricordo, e li coinvolgiamo continuamente assieme ai nostri sentimenti, emozioni, riflessioni.
In “Infinito andare” il tempo e lo spazio caratterizzano i componimenti poetici nel senso che all’interno di ogni poesia sono ben presenti il momento e soprattutto il luogo in cui la poetessa, presa da una pensosa ispirazione, si sente parte viva all’interno della grande vita del cosmo. Il tempo è quello scandito dalle stagioni oppure delicatamente definito dalla luce dei mesi o delle ore, un tempo che a volte è già trascorso e compare come ricordo nella narrazione poetica. Lo spazio è, nella maggior parte dei casi, il luogo in cui la natura si manifesta, ed è prevalentemente una natura di luce e di vento, di mare, di onde e di alberi, di fiori e di uccelli ad accendere il canto della nostra poetessa.
L'autrice, come si può apprendere dalla nota biografica,
ha vissuto a lungo in vari paesi prima di tornare nuovamente in Italia. Questo
dato biografico potrebbe aver acuito la sua predisposizione a sentirsi immersa
in uno spazio mutevole, aperto; luoghi dissimili si avvicendano nei suoi
pensieri nonostante non siano più presenti nella quotidianità: “Ho in me ogni
attimo vissuto come fosse/ adesso, e di ogni luogo dove ho lasciato/ l’orme
porto l’esile canto e il firmamento”.
La silloge trae la linfa vitale dal ricco mondo interiore del soggetto poetante, mondo che la poetessa sa estendere e comunicare mediante una sintassi fluida e coinvolgente, un lessico ricco, un ritmo modulato. Ma quello che davvero cattura durante la lettura di questa opera è l’invito che l’autrice rivolge al lettore a intraprendere un viaggio insieme a lei, cercando di trovare nei segni della natura, nelle forme variegate con cui essa si manifesta, un possibile significato per il cammino che ogni uomo compie sulla Terra, come si evince dai seguenti versi: “Ti restituisco ai giorni del tuo tempo,/ alle strade dove mi conduci, vengo/ con te dove finisce un mondo e un altro/ sale piano tra cose che scompaiono,/ valicando spazi dai contorni sconosciuti.”
Amo i luoghi
Amo i luoghi bui
dove la penombra è quiete,
dove una lama di luce
mi conduce a un segreto
dentro una fessura
e nel freddo inciso
alle pareti
respirano storie scampate alla sventura.
Amo gli spazi
vuoti, dove l’aria libera si muove
e a fianco mi
accompagna tracciandomi il sentiero,
e nell’andar
lontano a me stessa mi avvicino.
Amo gli spazi
soli, dove stanno gli alberi a dimora,
dove mormora nel
vento l’odore della terra
e nelle notti, al
chiaro della luna, lieve
e breve, come un
attimo risparmiato alla furia
del dolore, sembra
andare il tempo, e le fole,
fino all’alba,
ignora del futuro.
Da lì, solo da lì, torno la sera a casa, ebbra di parole.
**
Dalla mia
collina
Io qui sento il
respiro del mare
che vedo di
lontano, e il vento
fuggire inquieto
tra le fronde
dove cantano
l’amore i nidi
nella primavera
appena sveglia
e il tempo che
tracima ebbro
oltre la pianura e
scende dove
più rosso
l’orizzonte precipita
la vita dentro ai
sogni, dissolvendo
le nebbie in cui
confuso avanza
il mondo. Qui io
odo un canto
che le note dilata
nel domani
sciogliendo
l’ombra grigia agli anni
tramontati, di
terra coprendo lieve
le spoglie di ogni sepolta guerra.
**
Dove geme
d’inverno il melograno
Lo so, un giorno
dovrò arrendermi.
Mi fermerò
nell’angolo dove geme
d’inverno il
melograno e la tramontana
veste di nudità il
biancospino.
Ma fino allora
aspetterò ogni sera
che la quiete
scenda come scende
il sole scivolando
tra le onde
finché non penetra
l’ultima goccia
di luce nelle
crepe della terra
e vira il cielo
dove sui tetti ha dimora
il dolore del
ritorno, mentre tacciono
gli echi folli dei
portatori di sventure
e tornano nella
notte i passi di un vagabondo
con le scarpe
impolverate e i capelli scompigliati
al vento e nelle
mani un foglio bianco inciso
di illusioni.
Niente più potrà destarmi
né alcuno forse mi
porterà parole, ma nella luce
e dentro il buio
che ancora mi ruoteranno intorno
io stretti terrò
negli occhi l’ambra di mare
e il fiore
d’elicriso, mentre sul selciato passano,
senza cambiare niente, gli anni e le stagioni.
**
Infinito
andare
Di là dalla
collina, in fondo all’orizzonte,
il mare sta
immobile nella foga del tramonto.
A oriente, sopra
le cime quiete dei cipressi,
sopra il sonno
argenteo degli ulivi, lenta sale
la luna, e
paziente in sé raccoglie il borbottio
delle fronde nel
vento inerme a trattenere il tempo.
Domani ci
accoglierà di fronte un nuovo giorno,
verrà dal magma
muto che ancora non sappiamo,
risalirà portando
sulle onde gli enigmi di un tempo
ancora spoglio,
che poi, sfiorito, disperderà
nel grembo del
silenzio l’odore del passato.
Si dissolvono,
così, nell’infinito andare delle trame
dentro l’universo,
le nostre diafane stagioni,
conflagra in nude
spoglie il dolore della terra,
e migrano i
pensieri come stormi all’orizzonte
a ricercare nel
rosso del tramonto visioni perdute
dentro sogni, chimere a reggere l’ombra della sorte.
**
Vieni, dammi la mano
Vieni, dammi la
mano,
andremo insieme
nelle pianure
sconfinate dove
l’aria si veste
di silenzio e il
vento insinuandosi
tra i rami
lambisce dolcemente i nidi.
Cammineremo nei
campi accarezzando
il grano e corolle
faremo di papaveri
e fiordalisi
intonando canti nei boschi
di betulle sotto
un cielo rinato all’innocenza.
E staremo nel buio
della notte sull’argine
dei fiumi,
contando nel concavo del cielo
le stelle che
illuminano il bianco della neve
dove un avvenire
nuovo ci condurrà lontano.
Ritroveremo piano
la levità di un tempo
schiacciato dal
destino, spargeremo
le nostre lacrime
ad irrorare le ferite
della terra per
ritrovare il nostro paradiso
tra i richiami
delle sere nelle case,
tra le voci
ritornate nelle strade.
**
Nata a Vicenza, laureata a Padova in Lettere e Filosofia, Emanuela Dalla
Libera ha insegnato Materie letterarie negli istituti superiori. Trasferitasi
da qualche tempo in Maremma Toscana, dopo aver vissuto a lungo all’estero, in
India e negli Stati Uniti, si dedica alla poesia. Ha pubblicato tre sillogi
poetiche, “Lo sguardo altrove” , “ἡσυχία Sedimentare il tempo”, entrambe edite
da Gilgamesh e “Infinito andare” (Il convivio, 2022). Fa parte di associazioni
culturali e collabora con riviste di critica letteraria. Ha partecipato a
concorsi letterari nazionali e internazionali, ottenendo numerosi premi e
riconoscimenti.