Isabella Bignozzi: il nostro cristallo farsi anisotropo
a cura di Annalisa Ciampalini
In questo testo scrivo a proposito dell’ultima pubblicazione di Isabella Bignozzi, “Memorie fluviali” (MC edizioni, collana “Gli insetti” diretta da Pasquale Di Palmo, 2022), cercando di tratteggiare il profilo delle particolarità che maggiormente mi hanno affascinato. Il libro della Bignozzi è molto ben strutturato, importante, una poesia che vuole attenzione, partecipazione a livello mentale, spirituale e affettivo. È una raccolta che, una volta terminata, continua a chiamare perché è complessa, pura e perché alla prima lettura c’è sempre qualcosa che sfugge: un punto intenso e dolce- “l’infanzia tra le ciglia socchiuse” - dove si annida la parola poetica e che chiede di essere letto e vissuto di nuovo.
Ringrazio molto l’autrice che si è prestata gentilmente ad approfondire un aspetto della sua opera, dando in tal modo un prezioso contributo a questa nota.
Scrive Antonio Fiori in una recensione comparsa
lo scorso anno su Atelier online: “Qualcuno, prima o poi, dovrà pur scoprire
l’unità di misura dell’energia poetica. Sarebbe stata molto utile, infatti, per
misurare con precisione la potenza di queste Memorie fluviali,
seconda encomiabile prova di Isabella Bignozzi.” Effettivamente sono molti gli
aspetti rilevanti della scrittura della nostra autrice, ma leggendo i
componimenti dolcemente complessi e ammalianti della poetessa, sono stata
sedotta, in primis, dalla fluidità e dalla delicata potenza dei versi, capaci
di estendersi, “come traiettorie aeronautiche/ rotte alate”, su grandi distanze
senza mai perdere lo slancio e la motivazione iniziali. Il viaggio poetico cui siamo chiamati a
partecipare è lungo e sorprendente: alle memorie familiari, ben raccolte, ad
esempio, nelle poesie “Teatro familiare” e “Lirica del padre”, si affiancano
esplorazioni all’interno di una dimensione cosmica, talora mitica, e una
narrazione poetica, a tratti commovente, dell’amore degli umani, tema che diventa
centrale nella sezione conclusiva del libro.
La natura poetica dell’autrice è complessa e duttile, i versi, aderenti a un pensiero profondo e articolato, sono nutriti da un vasto mondo visionario e da una predisposizione alla cura, tanto che, anche in presenza di scoramenti, fragilità umane e distanze emotive, è sempre possibile sentire il tocco preciso e accudente delle mani della poetessa:
“Metti la tua mano qui / ora qui/ …rimani/ nel punto dove il torrente/ frantuma nella crepa/…”
Se la Bignozzi, attraverso la scrittura, sa compiere viaggi fino ai limiti dell’immaginabile mettendo in relazione il suo mondo interiore con quello esterno, è vero anche che è capace di sostare su piccole aree, crepe, e da lì far crescere metafore, generare universi:
“nella crepa del muro di casa/ va ancora in
scena un teatro di dionisio dismesso/ un groviglio di voci
ruota in senso antiorario/ è un concepimento vuoto / persistente/ nel centro
del vortice/ l’isotropo radioattivo/ emette/ particelle d’immagini/…”
In altre occasioni possono essere un’inadeguatezza, un piccolo disagio, una distanza affettiva impossibile da colmare a creare un punto dove i versi si posano inanellandosi, combinandosi per dar corpo e voce a visioni di rara forza evocativa:
“ti cercavo/ ti cercavo/ con la nostalgia dei ritorni/ nel rovescio assopito/ delle parole// ma sono rimasta a guardare/ inebetita/ il nostro cristallo/ farsi anisotropo/ deformarsi//”
Le poesie sono tendenzialmente lunghe, il verso di estensione variabile; il ritmo è sempre presente e concorde col senso e col respiro della poetessa. Il lessico è molto ricco, a volte efficacemente ricercato, curatissimo. Isabella è un’autrice in cui formazione classica e scientifica si fondono sapientemente, e le due parti coesistono senza scissioni, come fossero cresciute all’unisono, corroborandosi a vicenda per dar vita a un mondo poetico che accoglie tutto: le umane fragilità, l’amore, l’inquietudine, il desiderio della cura, la conoscenza e il pensiero che si fanno emozione, affetto. Il lessico scientifico, profondamente conosciuto e avvertito dall’autrice come linguaggio proprio, funziona perfettamente all’interno della raccolta e i testi poetici ne risultano potenziati, vivificati.
Prendiamo come esempio la poesia “Lirica del padre” qui sotto riportata per intero. In questo caso la specificità della terminologia scientifica viene modellata dall’autrice che riesce a dar vita a una realtà “altra” che incanta e inonda di luce tutto il componimento.
LIRICA DEL PADRE
Le frasi dette
i gesti delle mani
lasciano memoria nell’aria
come traiettorie
aeronautiche
rotte alate
a calcolo numerico
ogni desiderio
che esca dalle labbra di un
bambino
disegna a terra
con pietra bianca, di gesso
i quadrati
del gioco del mondo
dicevi intelligenti sì, ma siete
fragili
la vita tatuata
da una medaglia
strazio – prigionia – fame
dismessi
in altra pelle
emergeva, a volte,
in una smorfia di diniego
una stranezza orfana
inattesa
un dispetto
io ti dicevo
vieni papà
ma mi pareva tardi
come fossimo sorvegliati
due stranieri in autunno
avrei voluto conoscerti infine
prima che la vita finisse
di strapparci gli occhi
ti cercavo
ti cercavo
con la nostalgia dei ritorni
nel rovescio assopito
delle parole
ma sono rimasta a guardare
inebetita
il nostro cristallo
farsi anisotropo
deformarsi
la tua voce
divenire
massa mancante
priva di trasmissione.
Per concludere questa piccola avventura all'interno dei versi di Isabella, ho invitato l'autrice stessa a parlarci della specificità del suo lessico poetico, immaginando
che la sua formazione e professione abbiano potuto influenzarla nella scelta della
terminologia, la quale può implicare, tra l'altro, la formazione di un particolare sguardo sul
mondo.
Qui sotto, in corsivo, la significativa riflessione di Isabella Bignozzi.
“La poesia,
come luogo di libertà, spesso mostra sincronie temporali, sovrapposizioni
spaziali; inanella metafore, sovverte le sintassi. Eppure, a un tempo, è il
luogo della precisione. Perché il poeta non ha altro intento che esprimere con
parole perfette: non la materia intesa nella sua neutra e oggettiva fisicità,
ma la percezione che ne riceve. La mia proiezione interiore del reale è
probabilmente stata filtrata nel tempo dal lessico tecnico-scientifico cui ero
vincolata, e la tensione a esprimermi con univoca chiarezza mi ha portata a
inserire, a volte inconsapevolmente, alcuni di questi termini nel mio dettato.
Questa terminologia, utile nei compiti quotidiani, utilizzata in circostanze da
cui l'emotività era bandita, si è inevitabilmente mescolata ai miei sensi,
rendendola linguaggio principe per indicare le cose. Una specie di
inadeguatezza lessicale residua, un ibrido in cui una sensibilità ulteriore, a
lungo costretta, si è potuta manifestare.”
DAL LIBRO:
Teatro
familiare
Rientrerò con il distacco del
sidha
la dignità polare della bambina
tra quei parati da quirinale
sotto quei soffitti dipinti
pieni d’occhi:
icone buie, cobalti, mappe
siderali
riecheggeranno tra i legni
di librerie come cattedrali
gli anatemi della nonna
che grida al gatto in dialetto
le ciabatte di panno
les mots français di Padre
gli strilli da profetessa di
Sorella
tuniche di fuoco e capricci di
trine
la maglietta, il sugo,
i maccheroni.
Rivedrò lo sguardo da leopardo
fragile
di Fratello
i suoi terrori virali
la berlina delle bionde
replicanti
le sue fisse nietzschiane
(riverberare)
ai fuochi fatui dei fornelli
e mia madre, mia madre
in finestra che fuma
che dice ve ne accorgerete
quando morirò, dice,
allora sì che davvero vedrete.
Chiare le note di un pianoforte,
iva zanicchi e la ruota della
fortuna
le carte scritte a mano –
la grazia dello scriba –
di Padre:
occhi gialli, affetti
indecifrabili,
carezze ieratiche, siglate in
stele
Madre disegna arabeschi
con la brace della sigaretta
– dalla bocca al fianco, dal
fianco alla bocca –
il suo credito inesigibile
dal gioco del mondo
ribolle in doppia iride.
nei silenzi precipiti
una combustione sotterranea
perpendicolare.
ma può dirsi Domenica:
alla fonte lustrale
del rubinetto
la nonna riempie la brocca
butta acqua nella farina.
il suo gesto liturgico:
cuocere il pane.
Le mani
Dentro un vagone in corsa ci guardavamo
le mani
avevamo la trasparenza di un’ora
antica distesa
una sequenza di immagini noi due
i sorrisi piegati in avanti come
girasoli
io piccolo animale ormeggiato a
te
affidato il mio corpo al tuo
grande
mio piccolo malato involucro
l’innocente premura dell’istante
un giardino d’inverno, un tepore
di salvezza
la notte che ci
vuole nudi e uniti ancora
nel più lontano amore che non
conosce i discorsi
che non sa le parole.
L’amore dei
vivi
Il dito che sfiora di tenerezza
quel nodo muto
dove il corpo è ripiegato nella
sua piccola sete
che è mancanza di ala zampa muso
pelliccia
che è lingua e radice fuori
dalla terra
il ricordo-desiderio
di un dove antico
un liquido dolce che si solleva
dall’alveo del cosmo
la carne curva che si dispiega
dalla pietra viva
la carezza di premura la bocca
che preme nella bocca
il tocco sul dorso che medica e
ripara e perdona
ma c’è un calore di lacrime
del dove adagiarsi qui ora
noi soli nudi
eppure coperti armati
a volte l’alba della vita viene
in sogno
la biologia umida della materia
anfibia
che guizza e sbadiglia
ed è diafana pura così
irrimediabile
così tenero il pulsare
e amato e feroce
nella matrice primaria un
amalgama di uomo terra
e animale
una genesi
senza veglia o tremore
senza mancanza
ecco la vedi la vita appesa al
seno verde
la carne che si apre e sanguina
come madre
l’intreccio di linfa e i sensi e
i corpi puri
l’ordito di forme natanti
disciolte primordiali
nell’amnio d’acqua intriso di
occhi e mani
guarda la lealtà ancestrale
perduta
che si addensa e riscalda attorno alle
creature come
pulviscolo cosmico
è la coscienza prima della
grazia che unisce
è un fluttuare radiale nell’unità
centripeta
una correlazione gravitazionale
è un orgasmo senza dolore
benedetto di luce.
Isabella Bignozzi è odontoiatra, autore di articoli medico- scientifici di rilevanza internazionale. Ha pubblicato racconti, prose e contributi critici su varie riviste letterarie. Alcune sue liriche sono apparse su «Inverso – Giornale di poesia», «Poesia del nostro tempo», «Versante ripido», «Atelier poesia», «rivista ClanDestino», «larosainpiu», «La foce e la sorgente», «Formicaleone». La sua prima silloge Le stelle sopra Rabbah, è uscita per Transeuropa nel maggio 2021, con una postfazione di Elio Grasso. Una sua prosa inedita è stata finalista alla 35^ edizione del Premio Lorenzo Montano. Con il romanzo storico a memoriale Il segreto di Ippocrate, edito da La Lepre edizioni, è stata finalista al premio Como 2020. La sua seconda silloge, Memorie fluviali, è nella collana Gli insetti di MC edizioni, curata da Pasquale di Palmo.