"Conoscere l'esilio come forma / della verità": quattro poesie di Gabriel Del Sarto

 


a cura di Luca Pizzolitto



Conoscere l'esilio come forma

della verità: una morte priva

di acqua, asciutta come la carne

di chi non vede. Ma qui per noi, adesso

c'è la luce, l'alba sul lago, parti

bianche di tempo e poi silenzio: come

la calma sulla riva bruci ogni

pianto sulla brace, quel pane e i pesci

nel nuovo giorno. La lunga scomparsa

della notte e il mondo com'è, guardato

per sempre, quello che accade, la spiaggia

e il resto dei segni che nasceranno

dopo la pace, mentre Tiberiade

scorre, chiama, sarà altra acqua lontana.

**

Le vetrate spesse che ci separano

dal mondo desiderato, significano

solo se stesse, bianco epos glassato,

candito per le domeniche di solitudine ripetuta, nel servizio

dovuto a noi stessi. Sono vetrate

come quelle dei corridoi arancio

del nuovo ospedale, grandi e affacciate

sul giardino pensile: un tappeto

morbido che osservavo della sala

parto nelle ore della tua nascita.

Vetrate ancora - mio bene - per credere

che oltre alla vista del buio qualcosa

ci sia, laggiù, lontano e incomprensibile.

**

Quale Dio è il tuo, Giona, che lenisce

senza dire, che turba da lontano

scomparendo? Non un dio di pianure

comode e di sguardi lenti sui giorni

passati. E quali contemplazioni

suggerisce ai suoi angeli geniali

e combattenti? Quale formidabile

assenza supererà le mie notti

lontane da te? Siamo solo uomini

ingenui, inventiamo parole e dubbi

con il fiato: ogni vita è un angolo

con la sua inclinazione, visitato

da molti fantasmi e da tutto quello

che esiste nei confini del tuo volto.

**

Ma la vita è anche la nostra metrica,

Giona, parole in fila come sangue

ininterrotto, preghiera del limite,

che si allarga sull'altopiano raso

di ogni discorso e di ogni natura,

verso quella Ninive infinita

che ti chiamerà per sempre, che sempre

rivolgerà il suo dolore fragile

anche a me, e ci spingerà riluttanti

ancora nei secoli a camminare,

quella voce troppo sottile, troppo

antica, a contare ogni passo, sillaba

o sguardo che poi solo tu conservi

in un limpido racconto notturno.


da Gabriel Del Sarto, Sonetti bianchi (L'arcolaio 2022)




Gabriel Del Sarto, (Ronchi, Massa, 1972), poeta italiano.

Come poeta ha esordito nel "Sesto quaderno italiano di poesia contemporanea" curato da Franco Buffoni (Marcos y Marcos, 1998), ed è presente in diverse antologie fra cui "Poeti di Vent’anni" (a cura di Mario Santagostini; Ed. La Stampa, 2000) e "Nuovissima poesia italiana" (Mondadori, 2004).
Ha pubblicato le raccolte poetiche "I viali" (Atelier 2003), "Sul vuoto" (Transeuropa, 2011), "Il grande innocente" (Aragno, 2017), "Tenere insieme" (Samuele Editore ; Pordenonelegge, 2021) e "Sonetti bianchi". (L’arcolaio, 2022).

Dalla fine degli anni novanta si è interessato, per passione e per lavoro, ai temi della narrazione (e dei suoi processi) applicata ai contesti educativi e di formazione.
In questo ambito ha pubblicato alcuni saggi fra cui "Raccontare storie" (con Federico Batini; Carocci, 2007), il manuale di scrittura creativa "Narrazione e invenzione" (con Simone Giusti e Federico Batini; Erickson, 2007) e "In un inizio di mattina. Saggio sull’utilità delle storie nell’educazione" (Transeuropa, 2012).

Insegna lingua e letteratura italiana in un istituto tecnico.


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