Cosimo Lamanna: “Tutta la vita è una questione armonica”
Cosimo Lamanna è nato a Napoli, e
ha vissuto per un quarto di secolo a Bari, prima di trasferirsi a Roma. Pur essendo un autore originario del Sud, la
matrice meridionale non sembrerebbe particolarmente centrale nella poetica dell'autore, neppure nell'ultima raccolta intitolata Zolle (Edizioni Tabula fati), con un richiamo esplicito alla brulla terra pugliese, lavorata con sudore e fame.
Alcuni testi dell’opera, certo, evocano paesaggi geografici ed emotivi del Mezzogiorno (“La terra riposa […] Fino a rinascere”; “Quell’odore di fieno / Che
innamora le ciglia”; “E il cielo silente leniva la sera / Mi teneva vivo / Sull’orlo
d’argilla / Di quel precipizio”), un Sud più caldo che aspro, più solido
che dolente. Tuttavia anche in Zolle, come nelle precedenti raccolte, sono la
tematica amorosa, la vocazione dialogica, la necessità di trasmissione dei
vissuti, a essere predominanti rispetto al rapporto
con i luoghi e la storia collettiva.
La relazione con il contesto, sia fisico che
generato dal ricordo, diviene in Lamanna occasione per riportare la dimensione esteriore a
quella interiore, per alimentare l'umana consapevolezza.
La scelta del richiamo alla terra e alle radici, a una storia familiare che
proprio da esse ha avuto origine prima di distaccarsene, sembra collocarsi in un'esigenza di rilettura dell’oggi
alla luce del passato (Il futuro di mio padre era di grano / Era il foglio
immacolato di un’idea. […] Il futuro di mio padre è di mio figlio / È un regalo
nella scatola sbagliata / È tutto quello che non ho salvato ancora / Da macerie
di una favola crollata). Un impegno, quello di elaborazione dei percorsi
generazionali e personali, faticoso e a tratti sofferto, ma in grado di nutrire;
un compito assimilabile a quello del contadino, chino con la vanga a dissodare le
zolle, per rendere la terra pronta ad accogliere il seme e restituire il frutto
(Sii linfa e corteccia / Radice e poi zolla / Ruvide braccia / Dita piegate /
Ed acerba poesia.).
Un lavoro che nasce dall’amore e che per amore si compie,
e infatti l’amore per il poeta romano è fondante, è ragione del poetare, una
ossatura di aneliti e di tenerezza che trova nell’approccio lirico la sua
naturale espressione, in controtendenza rispetto al contemporaneo distacco dal genere.
Lamanna non rifugge la tradizione, e il ricorso ai contenuti e ai lessemi classici della
poesia a tema amoroso (carezze; cuore; dolore; anima; conforto;
pelle; labbra; silenzio), appare una scelta coraggiosa, un'intenzione che si colloca in un vacuum. La freschezza nell’approccio al
verso, l’assenza di forzature stilistiche, l’aderenza della poesia a una
quotidianità che scorre soffermandosi sull’istante, lo sguardo del poeta diagonale e verticistico, sono tratti
caratteristici e riposanti che è possibile evidenziare nella raccolta.
I testi di Zolle si muovono in
un andamento che può definirsi “marino”, ossia ondulatorio, un flusso
ininterrotto che allontana e avvicina, quasi “ninnante”, grazie a una ritmicità e una
parola carezzevole che si fa riparo, cura, conforto (“La notte si rifugia sui
miei altopiani / Riflette appena opaca la sua luna / Mi accarezza sulle ciglia /
Mentre gli occhi sono una marea”).
Il “tu” nei componimenti può identificarsi
nella figura amata, ampiamente intesa: può trattarsi di una compagna (“Tra i
tuoi silenzi e i miei / Noi fumavamo le parole”), ma anche di un genitore, un
amico fraterrno, una sorella o un figlio (“Ho sognato una canzone
senza l’ombra / Suonava mezzogiorno e ci batteva dritto il tempo / [...] Dalla
tua stanza l’hai cantata pure tu.”), o un affetto profondo che vive
nella memoria (“Se non del mondo / Sarai di me / Sarai della mancanza / O
della tua presenza dolorosa / Del saperti in ogni cosa”). L'autore si
abbandona a un luminoso canto che trova nel racconto di sé un varco, un
passaggio, un’apertura per entrare in un dialogo il più possibile autentico,
limpido. A partire dall’intimo, da una spoliazione umile, si arriva all’amore
come accoglienza piena.
Cosimo Lamanna è un poeta prolifico,
autore di sette raccolte dal 2016 al 2023, ma è anche un riconosciuto autore di
canzoni, un paroliere con un efficace istinto per il verso da musicare, per il
ritmo, la parola nelle sue mani diviene sonora (“Così nel blu cruento
della notte / Le stelle sono appunti di sutura / Memorie per riscriverne la
cura / Di questo tempo che non ha più rotte / Motori guasti e fumo nella stiva /
Nessuna rada in vista. / E alla deriva.”).
In Zolle come nelle precedenti
opere, il ritmo non è un aspetto secondario, bensì appare al centro della
poetica personale dell’autore. Attraverso una forma aperta istintivamente musicale, grazie a frequenti allitterazioni, versi diaframmatici, rime curate (“Dovrei rimuovere da questa stanza / La troppa luce, la tua
distanza”), Lamanna giunge a costruire
una singolare partitura scritta che, anche a una veloce lettura, canta la
sua melodia (“Tutta
la vita / È una questione metrica / Il respirarsi degli accenti / Tra
l’inquietudine e gli accordi / Dal basso verso l’alto / E viceversa”).
Questa ricerca di armonia non risulta mai forzata, è una necessità naturale dell'autore, e si colloca in una visione della poesia quale canto e trasmissione di
significati (“Siamo anime di fuliggine / Malinconie di vento di prua / Migranti
da transatlantico / A ricordarci come eravamo”), secondo quella che era
originariamente la tradizione orale, in grado di alimentare comunità, creare appartenenza, cura, vicinanza, attorno alla parola e alla terra, espressione di identità e valori tramandati di bocca in bocca, mano in mano.
Poesie dalla raccolta Zolle (Edizioni Tabula fati, 2023):
Il mare della sera
io non so di cosa sia ricordo
e di che parole, musica.
Io so che il piano su cui sono
oscilla e inclina
lenti i miei pensieri:
macerie meridiane
depositate scorie
sul fondo abbandonato
alla solitudine dei relitti
alla fragilità violata degli scafi
vetroresina tagliente
resti di sale tra le mani.
*
Se soltanto lo si guardasse
transitare il cielo,
accompagnare le nostre
scoordinate esistenze,
se solo per un attimo fosse
la sola carezza che abbiamo
se il cielo fosse allora
nuda idea di orizzonte
l’esempio di un sogno
il manuale strappato
di ogni felicità.
Saremmo ancora leggeri
a calpestare il solaio
delle nostre paure
attraversando le notti di luglio
come un fiore attraversa
nel silenzio di un prato
la sua gloria minuscola.
*
Dovrei rimuovere da questa stanza
la troppa luce, la tua distanza
questo rumore che si fa polvere
tra le mie dita e la superficie
delle mie cose senza importanza
ora che il cielo non sa più fingere.
Dovrei rinascere dalle parole
stendere al sole, rigenerare
quel tempo scuro che si fa labile
e la mia vita che dà notizia
di certi sogni dati dispersi
ora che il cielo sembra più fragile.
*
ll bordo è scheggiato
e sanguina il labbro
così come il resto
adagiato su vane certezze.
Carezze che non addolciscono
il sorso più amaro
di questa stagione.
Si è spento il profumo
il sapore del vento
mischiato alle foglie
il rumore dei passi
e zittito lo scroscio
notturno
di mille fontane.
*
La fortuna fa bella la luce
e riprende le maglie sfilate del cielo
rimescola il rosso che brucia nel cuore
e l’arancio di tutte le foglie piovute
nel vuoto del mio calpestio.
Così, uno sguardo squarciato
può far mutare la pelle e il destino
correggere i punti di fuga sfocati
spostare la meta
deviare un pensiero e il cammino
e schiodare dal legno
il dolore.
Nell'articolo, "Portami al mare" di Piero Vinci, acrilico e collage su legno.
La fotografia di Cosimo Lamanna è di Luciano Capasso.