La lingua degli uccelli (III) – Il merlo, il Beethoven dei volatili

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I merli (Turdus merula) sono uccelli, per buona sorte loro e nostra, diffusissimi e in salute come specie. Nell’areale di diffusione europea, inoltre, sono stanziali alle latitudini mediterranee e meridionali e già dall’Ottocento se ne è registrata una maggiore confidenza con l’ambiente urbano e antropizzato («pronti anche adesso a becchettare/ le briciole sui tavoli d’estate», Alberto Bertoni1).

Naturale, quindi, che il suo canto dalle infinite varianze e variamente descritto dai poeti (es.: «canto»2; «gorgheggiare»3; «schiocchi»4; «gridi»5), ci tenga compagnia (e ci allieti!), e che la sua sagoma, la sua livrea («il nero e il giallo»6) e i suoi movimenti a volte frenetici («il merlo in volo»7; «il merlo è sulla frasca/ e dondola/ felice»8, «il saltellio9») siano da tempo noti a tutti, non poeti e, inevitabilmente, poeti. E che la sua presenza nella cultura di massa sia consistente.

Nella poesia italiana moderna e contemporanea, come intuibile dalle citazioni già riportate, il merlo è una presenza frequente e ricorrente. Non viene messo in relazione a complessi simbolismi, a rimandi tropologici o a fondamentali tradizioni.

Un parzialissimo campionamento ci rileva la presenza del turdide nei versi di Trilussa, Montale, Saba, Fortini, Scialoja. Tra i contemporanei, oltre che richiamare Pusterla, poeta attento alla natura e ai naturalia, sarà interessante riferire di una specifica opera di Giancarlo Baroni.

È una presenza quasi sempre di contorno, una nota, un movimento, un profilo o un comportamento che si inserisce nello scenario versale senza invaderlo.

Come nella filastrocca L’uccello nero di Toti Scialoja10:

L’uccello nero

L’uccello nero
salta leggero,
si chiama merlo
senza saperlo.

Ma in alcuni casi si fa protagonista, emblema, perfino oscuro messaggero. Già che questo articolo è inserito nella rubrica La lingua degli uccelli, dove mi sto inizialmente occupando degli uccelli cantatori, mi pare appropriato cominciare con la straordinaria La poesia di Trilussa11, dove l’arte del verso e il canto aviario sono viste e rese in sestine con l’irripetibile e dissacrante sagacia del grande poeta romano:

La poesia

Appena se ne va l’urtima stella
e diventa più pallida la luna
c’è un Merlo che me becca una per una
tutte le rose de la finestrella:
s’agguatta fra li rami de la pianta,
sgrulla la guazza, s’arinfresca e canta.

L’antra matina scesi giù dar letto
co’ l’idea de vedello da vicino,
e er Merlo furbo che capì el latino
spalancò l’ale e se n’annò sur tetto.
– Scemo! – je dissi – Nun t’acchiappo mica…-
E je buttai du’ pezzi de mollica.

– Nun è – rispose er Merlo – che nun ciabbia
fiducia in te, ché invece me ne fido:
lo so che nu m’infili in uno spido,
lo so che nun me chiudi in una gabbia:
ma sei poeta, e la paura mia
è che me schiaffi in una poesia.

È un pezzo che ce scocci co’ li trilli!
Per te, l’ucelli, fanno solo questo:
chiucchiù, ciccì, pipì… Te pare onesto
de facce fa la parte d’imbecilli
senza capì nemmanco una parola
de quello che ce sorte da la gola?

Nove vorte su dieci er cinguettio
che te consola e t’arillegra er core
nun è pe’ gnente er canto de l’amore
o l’inno ar sole, o la preghiera a Dio:
ma solamente la soddisfazzione
d’avè fatto una bona diggestione.

Il merlo è stato definito, per il suo canto armonico, melodioso, complesso, variabilissimi il Beethoven dei volatili. È questa, una fama è del tutto meritata e la scelta di Trilussa non poteva essere più azzeccata. Non trascurabile, come vedremo sul chiudersi dell’articolo, l’aggettivazione «Merlo furbo».

Enigmatico e inquietante è–qui creatura prettamente boschiva – il merlo che si fa voce nell’omonima poesia di Franco Fortini12

Il merlo

Uccello che dici “anima
risorgi”, gridi dalla selvetta
d’aceri e ghiande, merlo
d’amarezza, e dal vino
di viole e da cave
d’alabastro o deboli croci
dell’Aventino,

sì, dici, la mente sfinita
annegala e le rughe
nella fonte di giovinezza
che in mezzo al bosco sempre sta
dov’è il paradiso d’edere,
dove il risveglio è riso
e la tua nota non nuoce.

E dove ogni cosa è com’era
per virtù di siepi nitida
in specchi di solchi e nubi
al giovane di cera e veemenza
che nel vento ti udiva
di Pasqua lodare l’ora
e il convento nel blu spariva.

O ridicolo mite vacuo
detto anima mia risorgere
è, lo sai, di chi nulla ricorda.
E invece che Irlanda di morti
narrò mai, di che peregrine
erbe balbetti, di che limbo rivolo
gelidissimo sei.

Con la raccolta I merli del giardino di San Paolo e altri uccelli13, originale come altre sue, Giancarlo Baroni ci porge, con testi datati tra il 1993 e il 2014, un vasto catalogo di «alucce puntute e beccucci acuminati» (Pier Luigi Bacchini, nella prefazione) nel quale, titolo compreso, i merli sono oggetto di attenzione particolare. I merli di Baroni sono uccelli pensanti. Sia quelli dei testi sparsi che quelli protagonisti del poemetto Federico II e i merli del giardino di San Paolo (dove si immagina che questi merli siano i custodi del trattato di falconeria scritto dall’imperatore). Così nel componimento isolato Merli e colibri a pag. 21(14) i neri turdidi gonfiano il petto e gridano «te l’abbiamo fatta/ un’altra volta» all’allocco e anche quelli di Merli parmigiani (pag. 70) parlano in prima persona plurale:

Merli parmigiani

[…]
I duecento quattro volatili
figurati variamenti negli stucchi
bianco azzurri di Palazzo Ducale
con grazia classica dimostrano
la stima dei parmensi per noialtri
anche mentre ci abbattono?

*
Davanti agli avvoltoi
non arretrate. Si cammini
diritti compiendo gesti sconci

con le ali. Ché nemmeno
una cincia un pollo quella
fiera fasulla sa uccidere.



Note

(1) Alberto Bertoni, Adriana e la bellezza, in Culo di tua mamma. Autobestiario 2013-2022, Samuele Ed., 2022
(2) Umberto Saba, Merlo, in Il canzoniere, Einaudi, 1961, p. 547. È nota la profonda passione di Saba per gli uccelli, in particolare per i suoi amati canarini e passeri, narrata nelle sezioni Uccelli e Quasi un racconto. Dedicherò, quindi, spazio in altro capitolo al poeta triestino, ricordandone, anche nelle presenti note, la poesia Merlo.
(3) Fabio Pusterla, da Morte del cinghiale, da Folla sommersa. Cfr. anche: Lucio, in Cenere, o terra, marcos y marcos, 2018 e Scablands, IX, in Corpo stellare (2011) e Da qualche parte nello spazio, Le Lettere, 2022, pag. 82
(4) Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, in Ossi di seppia, in Tutte le poesie, Mondadori, 1984, p. 31
(5) Franco Fortini, Il merlo, in Poesie scelte (1938-1973), Mondadori, 1974
(6) U. Saba, Merlo, cit.
(7) F. Pusterla, Lucio, cit.
(8) Eugenio Montale, Il giorno dei morti in Quaderni di quattro anni, Mondadori, 2015
(9) A. Bertoni, Adriana e la bellezza, cit.
(10) Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, 2009
(11) Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, 2004
(12) vedi Nota 5
(13) Giancarlo Baroni, I merli del giardino di San Paolo e altri uccelli, Mobydick, 2009, II ediz., Grafiche STEO, 2016
(14) Il numero di pagina fa riferimento alla II edizione del 2016
(15)Alfredo Cattabiani, Volario, Mondadori, 2022, pag. 378-379







Foto in copertina di Alfredo Rienzi: (merlo maschio al canto, maggio 2020, San Mauro Torinese)

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