Flaminia Colella: la meta è la festa

 


a cura di Annalisa Ciampalini

Con questo scritto desidero presentare l’ultima silloge di Flaminia Colella, “Guerrafesta”, partendo da una riflessione sul titolo del libro edito nel 2022 da CartaCanta con postfazione di Gianfranco Lauretano. 

Guerrafesta è un titolo importante, pensato con intelligenza, un titolo che suona molto bene e ha un significato tutt’altro che vuoto. Il significato legato alla parola guerra genera un insieme fatto di suoni, immagini e sentimenti; il significato legato alla parola festa, ovviamente, ne genera un altro. Ma questi due insiemi non sono disgiunti, si intersecano, hanno in comune, almeno per me, una serie di suoni, immagini, sentimenti che ricordano il frastuono, gruppi di persone in movimento, una certa euforia del corpo e della mente, preparativi per l’evento d’eccezione e anche un desiderio di condividere qualcosa. Prima di iniziare a leggere il libro ero piuttosto convinta che mi sarei trovata di fronte a testi dinamici, a una varietà di immagini vive, a spazi luminosi: ero abbastanza certa che avrei letto un’opera in cui l’atmosfera di festa avrebbe prevalso su quella di guerra. E devo dire che avevo ragione, considerato che la raccolta si apre con i versi: <<E poi sorriderò perché so che la vedrete / tra le macchine e le nebbie / anche voi la strada illuminata>>, e si conclude con i versi seguenti: <<...non tramonta / il bene che ci bacia, ci incorona.>>.

 La nostra poetessa si muove attraverso città e luoghi dove la natura emerge con tutta la sua bellezza, manifestandosi con immagini forti e coinvolgenti. A guidarci, in questi spazi, è lo sguardo vivace dell’autrice, uno sguardo fiducioso di giovane donna, pronto ad accogliere e a dare significato a immagini reali e anche a concepirne altre, ancora più grandi, luminose e inaspettate, proprio come la gioia: << È tempo. / Sei seduto, hai le alpi di fronte. / Tutti i soli sorgono / dietro la tua schiena.>>

 Ma l’autrice conosce la complessità del mondo, sa che accanto alla gioia ci possono essere dolore e miseria, sa quante difficoltà devono fronteggiare gli uomini lungo il cammino della vita: <<La guerra oggi è tornata /a tutti appare sugli schermi / mentre cadono città / a centinaia di chilometri di qua.>>  

A volte il dolore emerge senza nessun fragore, è subdolo, invisibile, anche quando ci riguarda da vicino:<< La luce ama le tenebre / il mio amico al telefono mi chiama / urla “voglio morire”.>>  

 Il dolore e la gioia non sempre accadono separatamente, avvengono, spesso, in contemporanea, anche perché Flaminia ama guardare dall’alto lo scenario del mondo, spaziare con lo sguardo, soffermarsi sia sulla bellezza sia sugli anfratti bui: <<Una gioia ti rovescia gli occhi, un sacro dolore te li chiu­de. >>

Come scrive Gianfranco Lauretano nella postfazione al libro:

<<Guerra e festa sono sincroniche, siamo sempre nell’una e nell’altra, i due dispositivi apparentemente antitetici tendono persino, in certi passaggi, a coincidere e a identificarsi.>>

 L’operazione poetica dell’autrice non si esaurisce con la constatazione che la guerra e la festa possono, al limite, coincidere, ma prosegue con una profonda e inesausta ricerca sul senso del dolore, su come si possa affrontare e riconoscere il nostro dolore e quello del prossimo. Sarà possibile trovare la via della gioia? Riusciremo a scorgere, almeno per un attimo, il momento d’oro? La tappa finale del viaggio è la festa? La poetessa non ha dubbi:<< Le strade aperte qui in collina, dalla piog­gia, le radici fuori terra, permettono ancora di salire, tra crepe e tronchi alti, su, su al monte. La meta è la festa. Riinizia la tua lotta>> scrive in un testo di prosa poetica collocato nella parte finale del libro.

 Numerosi sono in questa opera gli istanti di gioia, e rintracciabili soprattutto nei componimenti ispirati da amore per le creature e per la parola, da un sentire autentico e puro, da una natura bellissima e potente, come accade nei versi che seguono: << Amo come il lago tocca i monti, / la fronte distesa dell’acqua / trema lieve nel tramonto.>>

  

Testi tratti dal libro:


Dal cuore mi cadono tutti gli amori

a terra, si voltano e lasciano

sola.

 

Amo come il lago tocca i monti,

la fronte distesa dell’acqua

trema lieve nel tramonto.

 

Qui cessa il grande dolore,

Amore mio.

Il vuoto che assale e inonda

la vista, cenere marea.

 

Cessano la lotta e la sconfitta.

 

Qui c’è un lago nato da una frana,

spaccato giace sotto il cielo

con intorno niente se non

la chiesa grande e le anime a riva.

 

Il lago d’inverno si ghiaccia.

Nel 2000 ci andarono con macchine

e bambini sopra, a pattinare.

 

Negli occhi porto ancora

lo sguardo che ci morì dentro

sfondando il guardrail.

 

Senti il grido del monte franato

da qui? La ferita che ha generato

l’acqua?

 

Amore ancora un poco

restiamo a guardare

sulla sponda di questo stupore

le anatre che giocano e si beccano.

 

La durata qui solo l’ho trovata:

musica sottile, che scivola sull’acqua

e i canneti

              musica uguale e sempre nuova.

 

La tragedia, vita

che cambia sempre.


**


E poi sorriderò perché so che la vedrete

                  tra le macchine e le nebbie

anche voi la strada illuminata

quella grande e precisa che attende

i vostri passi potenti e concentrati

 

quella attesa tra autunni e primavere

troppo lunghi per calmare il pianto

ma imponente, dolce, calorosa

la strada delle strade vera al centro.

 

E sorriderò perché saprete riconoscerla

andando anche via per altre vite

o altre distanze se le troverete

sul sentiero che procede laterale

e sarà un attimo

 

             alzando gli occhi al cielo

rivedere la sua forma

immeritata

felicità che voleva il vostro sguardo

pieno sangue che aspettava il vostro sangue

oro che brillerà nel centro esatto

                       per sempre.


**


III.

È tempo.

Sei seduto, hai le alpi di fronte.

Tutti i soli sorgono

dietro la tua schiena.

 

Sei arrivato mangiando l’aria,

sorridendo

e il tuo bagaglio doloroso lo trascinavi,

la forza che non avevi

ti è esplosa nella testa.

 

Respiri

se l’erba, le betulle,

il cielo di montagna

sono ancora un tuo posto tra i vivi.

 

Il sole delle alpi ti brucia la faccia,

lasci entrare il senso della vita

che passeggia sui campi

non lontano.

 

Il vento si alza

se sente che ami

la terra su cui poggi la fronte.

 

Dici una preghiera in silenzio,

il mare a furia di chiederlo

ce lo hai piantato dentro,

le onde adesso fanno il rumore

che imploravi nelle notti

senza sonno in agosto.

 

Ma oggi non è ieri, non è il tempo

del tuo pianto o della resa

                   di ogni cosa al vuoto,

oggi è il giorno che attendevi a sguardo alto

e con lo strazio da offrire e non curare

non cercare più di uccidere o mutare

 

ma cantare

 

- ti cola sudore dalla schiena

accoglie

il sale e la pioggia che fanno

la montagna.

 

               È il vero dei tuoi giorni e sarà male

se non l’avrai detto o raccontato se avrai

fatto la parte dell’uomo accontentato

 

il regalo fa’ che sia moltiplicato

che altre anime possano scaldarsi

al fuoco di una strada,

                      non farlo morire nella gola.

 

Anima tua, canta!


**


Sia guerra o festa

la vita sulla terra

non tempo

    dal cuore infartuato

 

sia fare e rifare le stagioni

in attesa di ogni impossibile

 

non conoscere un giorno che muore

non muore quello che si dura

e prima e dopo la comparsa

degli occhi che apriamo sul mondo.


Anche in lontananza sentire

la febbre implacabile per tutto

l’attesa di un lucido avvenire

l’avvento immeritato della gioia.

 

Sia guerra o festa anche la morte

benedetta sorella della vita

se muta invita a rimanere

per sempre innamorati della sorte.

 

**

 

Una gioia ti rovescia gli occhi, un sacro dolore te li chiu­de. Ma non trofeo, non vittoria, né sconfitta lacerano il filo di sangue verticale, l’unico, il vero che ti tiene. Che Lui senza te non è perfetto, senza il tuo canto e la tua calma, la tua disperazione, senza l’erba che muovono i tuoi passi, o il fiato liberato nella notte, quando chiusa è la porta e lo splendore. 

Tutto il senza luce è stato prima, molto prima di te, della tua vita. Le strade aperte qui in collina, dalla piog­gia, le radici fuori terra, permettono ancora di salire, tra crepe e tronchi alti, su, su al monte. La meta è la festa. Riinizia la tua lotta.


Flaminia Colella è nata a Roma nel 1996. Dopo gli studi classici consegue nel 2019 la laurea con lode in giurisprudenza, presso l’università Luiss Guido Carli, con specializzazione in diritto civile. Pubblica il suo primo libro di poesie nel 2018, dal titolo “Sul Crinale” e molti dei suoi componimenti vengono tradotti e pubblicati su riviste italiane, inglesi e spagnole. Nel 2020 suoi testi in prosa compaiono su diverse testate giornalistiche, tra cui il settimanale “Panorama”. Nel maggio dello stesso anno vede la luce il suo lavoro poetico più compiuto, “La voce del fuoco”. Il libro esce per CantaCanta editore all’interno della collana di poesia “I passatori”, curata e diretta da Davide Rondoni, poeta e scrittore al fianco del quale lavora nello stesso anno per il libro d’arte “Io non ho mai scritto e nessuno è innamorato”, a cura di Fabbri Editore, nuova versione di traduzione di sessanta sonetti di William Shakespeare. “Guerrafesta” è l’ultima raccolta di versi uscita nel 2022 per CartaCanta.


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