I maestri (XI): Raffaele Carrieri

a cura di Luca Pizzolitto


da Raffaele Carrieri, "Un doppio limpido zero", poesie scelte 1945-1980, a cura di Stefano Modeo (InternoPoesia, 2023)


"Le parole sono meno sole dei poeti", annota Carrieri, in uno dei suoi brogliacci. Lui che la solitudine doveva averla provata più volte nella sua vita avventurosa, da romanzo, sin da giovanissimo quando all'età di tredici anni, irrequieto e senza un amico, al termine del primo conflitto mondiale, già insoddisfatto della misera vita di una città del Sud, s'imbarcò clandestinamente alla volta dell'Albania. La città che gli aveva dato i natali, Taranto, nel 1905 si reggeva attraverso attività artigianali, piccole fabbriche ma soprattutto sulla presenza dell'Arsenale della Marina Militare. Nel golfo ionico, invece, si alternavano navi commerciali e pescherecci. Tutto ciò che la città potesse offrire, infatti, si trovava oltre quella linea retta che orizzontava lo sguardo e il destino del poeta. (...)

(dall'introduzione "Il lamento perduto del gabelliere" di Stefano Modeo)


Si era in due

Si era in due a morire
alla fine di una sera
io e l'alpino del Friuli.
Ognuno di noi lo sapeva
che era l'ultima sera.
Vedevo sul comodino
la ciotola di latte
riempirsi di tenebra
e questo ancora vedere
e distinguere il bianco
dal nero mi dava piacere.
L'occhio e la ciotola
erano gli anelli
di una stessa catena.
Il giorno che seguì
sopravvissi all'alpino.
Altro non ricordo
di quella sera.


Quando canti

Civetta, quando tu canti
quando batti sul mio cuore
l'antico mesto richiamo,
quando intrecci sul mio cuore
il primo al secondo anello
come un doppio limpido zero,
quando dai cieli morti
al silenzio vedova torni
nel breve giro di un suono
leghi la mia alla tua notte.


Un angelo mi guarda

Ho un angelo che mi guarda
dietro la spalla stanca,
un angelo senza bilancia
che non pesa la mia giornata.
Un angelo che non mi condanna
quando la rosa ferisco
quando fuggo la speranza
quando batto la fronte
sulla pietra del disinganno
quando inganno la morte
con rondini di carta.
Ho un angelo che mi salva
dietro la spalla stanca.



Gli occhi voglio aprire

Gli occhi voglio aprire
le mani le braccia
e la voce per farmi udire.
L'oscuro voglio aprire
che mi chiude.
I muri voglio aprire
e ciò che sta intorno
sopra e sotto.
Il chiuso voglio aprire
in ogni luogo persona cosa:
il chiuso che sta in me, in te.
Il sangue voglio aprire
per fuggire
e l'anima per tornare
più aperto altrove.


Apprendo un altro silenzio

Apprende un altro silenzio
alla fine del giorno:
la sera attendo
il tuo ritorno.

Con la tua mano
al posto vuoto
la polvere tolgo
a poco a poco.

In ciascun giorno
di nuovo ti perdo.
In ciascun angolo
ancora ti aspetto.

Col tuo occhio
mi guardo intorno:
dietro ogni muro
mi trovo solo.

Di silenzio in silenzio
ti scorgo, ti sento
e parlo da solo
tutto l'inverno.


Dimesso l'affanno

Dimesso l'affanno;
quieto, distante, separato
e infine perdonato
da quelli che mi amarono.
Questo mucchietto di cenere
in mezzo alla foschia
sono io; e l'erba che sopra
vi cresce, ancora verde
la mia poesia.





La biografia completa di Raffaele Carrieri su Wikipedia.org



Post popolari in questo blog

Alessandra Corbetta: con la poesia perdonare l'estate della vita

Isabella Bignozzi: il nostro cristallo farsi anisotropo

Qualcuno che canti le follie di Dio (VI) - Come nevicasse