Qualcuno che canti le follie di Dio (XI) – L’amore

A cura di Massimiliano Bardotti



E hai ottenuto quello che

volevi da questa vita, nonostante tutto?

Sì.

E cos’è che volevi?

Potermi dire amato, sentirmi

amato sulla terra.

 

Raymond Carver, Ultimo frammento


 


In questi pochi versi, in questo frammento ultimo, bellissimo, Raymond Carver esprime il desiderio di tutti, una necessità primaria, essenziale, fondamentale, imprescindibile. Un’urgenza sempre più viva, che malgrado questo viene quasi ignorata nel nostro tempo, fino a quando poi, sul letto di morte, ci ritroviamo a fare i conti con la nostra vita ed a mancare, tremendamente, sono le relazioni vitali, profonde (con altri esseri umani, con esseri animali o vegetali), qualcosa che non abbiamo a fondo coltivato, le carezze che abbiamo rifiutato o rimandato, le parole di bene che avremmo voluto dire ma che non abbiamo detto, il perdono non accordato, per orgoglio o altro, il bene non fatto. A rimordere la coscienza sarà tutto il dolore che abbiamo provocato, anche senza accorgercene, anche se addirittura ci era sembrato legittimo comportarci in un certo modo.


Abbiamo occhi, ma non vediamo. Abbiamo orecchie, ma non udiamo. Abbiamo un cuore, e dentro una scintilla di puro amore, una scintilla che aspetta solo di diventare fiamma e incendiare tutto e consumare quel che amore non è.

Quella scintilla siamo noi, la nostra vera essenza. Il rischio è di vivere tutta la vita senza fare la conoscenza di noi, di chi siamo davvero.


Eppure…


Siamo amati profondamente, c’è un mistero antico che ha cura di noi in ogni modo immaginabile e molto di più. C’è un vento che soffia in tutte le foreste di bambù del mondo e fa vibrare il silenzio trasformandolo in suono, una musica meravigliosa. Di notte, il cielo offre uno spettacolo che da millenni va in scena senza interruzioni, con audacia e generosità. In primavera il rifiorire è un incanto, e ci indica la via della resurrezione. I colori dell’autunno ci dicono che le nostre anime sono al sicuro. E potrei continuare per giorni a elencare in quanti e quali modi l’amor che move il sole e l’altre stelle ha cura di noi.


Eppure…


Noi non ce ne accorgiamo, mai. E, qui viene il bello, non ci importa, finché non è troppo tardi.


Noi abbiamo tutti la necessità di sentirci amati sulla terra, ma finché non ci riaccorderemo con il nostro mondo interiore, finché non riaccenderemo il vero sguardo del nostro occhio, finché non avremo cura di quella scintilla, nulla colmerà il vuoto che sentiamo dentro. Non basteranno le cose, gli oggetti di cui riempiamo le nostre case, non basteranno gli abiti, le automobili, i telefonini di ultimissima generazione, i tablet i computer, non basteranno gli amanti, non basterà nessuna relazione sentimentale, non basterà nulla. Continueremo a vagare in cerca di qualcosa che plachi i nostri appetiti, e nulla ci potrà mai riuscire.


Perché noi non siamo esseri umani che vivono esperienze spirituali, noi siamo esseri spirituali che stanno vivendo un’esperienza umana come diceva Pierre Teilhard De Chardin. Noi siamo nati e siamo fatti per l’infinito, noi siamo infinito, siamo eterni. Ma finché ci identificheremo completamente con la nostra parte materiale, che si consuma ed è destinata a perire, avvertiremo la nostra finitudine e la vivremo come una disgrazia. Ecco perché gli stati di allerta, le emergenze, hanno così tanta presa su di noi: sentiamo imminente la fine. Ma questo ci terrorizza perché non avendo speranza e fiducia nella vita, siamo convinti che la nostra morte segnerà la nostra fine, totale, definitiva. La cessazione di ogni nostro esistere. Allora corriamo per accaparrarci tutto quello che sembra possa alleviare il nostro dolore, la nostra paura, per accaparrarci tutto, anche altri esseri umani dai quali ottenere qualcosa, sesso, compagnia, una qualche intesa che somigli all’amore. Eppure nulla ci scalda davvero, nulla colma il nostro vuoto, e la scintilla nei nostri cuori va spegnendosi…


Questo è il paradosso del nostro essere al mondo: ciechi, sordi, insensibili, ci aggiriamo per le strade del mondo e non vediamo, non sentiamo, non percepiamo il nostro essere immersi, circondati, braccati dall’amore! Andiamo invece elemosinandolo dappertutto senza riconoscerlo mai. Perché finché non ritroveremo dentro di noi quella stessa natura, finché non avremo cura di quella scintilla, finché non ci lasceremo bruciare da quel fuoco che consuma tutto quello che amore non è, non troveremo amore da nessuna parte, pur essendo tutto e dappertutto, amore!

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