Antonio Fiori: la molteplicità del sogno in "Vita di un altro"
a cura di Pietro Romano
immagine di copertina (tratta dal Web): Salvador Dalì, la tentazione di Sant'Antonio
Affrancare il testo dai vincoli di una struttura monodimensionale, posta sotto il giogo dell’autorialità, costituisce senz’altro un polo di riflessione attorno al quale autori come Queneau si sono lungamente interrogati. È il 1961: Queneau dà alle stampe “Cent mille milliards de poèmes” (“Centomila miliardi di poesie”). L’opera consta di dieci sonetti, i cui versi rispondono a plurime logiche combinatorie, di fatto rendendo il testo inafferrabile nei suoi contorni e nel contempo adeso a una funzione illimitatamente generativa:
“Apriamo
il libro e troviamo dieci sonetti, tutti con struttura regolare, i cui versi
sono compatibili e intercambiabili dal punto di vista sintattico e ritmico
(tutti i primi dieci versi si possono combinare con tutti i secondi dieci versi
e così via). Vediamo che le pagine sono tagliate in sottili strisce
orizzontali, con un verso stampato per sostituire un verso all’altro. Dato il
numero di sonetti (10) e il numero di versi per ogni sonetto (14), possiamo
ottenere 1014 combinazioni
potenziali, cioè appunto centomila miliardi di testi diversi. Non basterebbero
milioni di vite per generarli tutti, ma ora non è questo il punto: dov’è il
testo di Queneau?”[1]
Liberarsi dei vincoli della
proprietà per dispiegare al lettore uno spazio plurale e disseminato
all’infinito implica anzitutto porre il testo in movimento, nella possibilità
illimitata di risignificarsi agli occhi del lettore. “Vita di un altro” del poeta Antonio Fiori (Inschibboleth, 2023, collana Margini diretta da Filippo La Porta)
accoglie, in una veste originale, tale nucleo di riflessioni per dare vita a un
lavoro di poesia e prosa che promuove una testualità “altra”, mossa da un
tangibile slancio amoroso verso l’atto creativo e in generale la poesia. Il
titolo suggerisce già il senso di una dislocazione che, se da un lato,
nell’intentio auctoris, assolve all’esigenza di fare del testo una dimensione
plurima nel segno del gioco e dell’ironia, dall’altro invece allude alla
fedeltà rispetto alla parola poetica come ponte tra mondi possibili. L’opera è
aperta da un’avvertenza alquanto curiosa, che affianca all’autore altri tre
personaggi, anch’essi coinvolti nella trama di finzioni del testo:
“Ho un vecchio quaderno su cui
annoto da tempo le poesie dei poeti del sogno. Attingo per lo più dai loro
libri, ma vengo ogni tanto a conoscenza di nuove scoperte d’archivio o
addirittura, come da poco accaduto, di un nuovo insospettabile autore. Vi chiederete
ora il motivo per cui sono qui a darvi conto di questo quaderno – alquanto
insignificante, con la copertina azzurra sbiadita e i bordi ingialliti. Ebbene,
il fatto è che sta succedendogli qualcosa di inspiegabile e che mi mette molta
paura: sono già due le volte che, quando lo riapro, scopro d’averlo aggiornato
senza conservarne il ricordo; riconosco mia la scrittura ma nulla so del testo
riportato, né del perché o del quando ci sono andato a scrivere. Vincendo l’ipocondria,
ho consultato subito un neurologo ma niente spiega questa misteriosa e
particolarissima lacuna della memoria (che per il resto pare funzioni assai bene).
È per tale motivo che non ho più aperto il Quaderno del sogno, ovvero fin
quando l’editore mi ha chiesto di stendere questa introduzione in vista della
stampa del libro: troppa la paura, l’ho dunque consegnato direttamente
all’editor perché sia lui ad aprirlo e a decidere cosa pubblicare”.
La cornice entro la quale Vita di un altro confluisce sovrappone,
con lieve ironia, il piano immaginativo a quello reale, suscitando da subito
una certa tensione narrativa. L’avvertenza ha una funzione incipitaria: svela
al lettore le ragioni dell’opera, facendola risalire a un vecchio quaderno su
cui Fiori da tempo prenderebbe nota dei “poeti del sogno”. Si tratta di un
lavoro di aggiornamento costante, che consente talvolta al poeta-lettore la
scoperta di qualche nuovo insospettabile autore. Nel contempo, è un lavoro di
accumulo e sedimentazione, che sostanzia, a un livello forse inconscio, la
fantasia e la creatività del poeta stesso. Fiori si dice dunque affetto da una
“lacuna della memoria”, che però, precisa, pare funzionare assai bene: tale è
infatti l’origine stessa dell’atto creativo, l’esperienza di voci passate che
si sono per l’appunto rimestate e sedimentate nella vena creativa senza
lasciare -in apparenza- traccia alcuna di
sé. A questo punto, dopo avere ironicamente invocato un neurologo al quale
chiedere conto di tali amnesie, il poeta appella altre due figure, l’editore
che gli avrebbe richiesto di elaborare questa introduzione in vista della
stampa del libro e l’editor perché sia lui a “decidere cosa pubblicare”.
L’ipotesi è quella di uno sdoppiamento dell’autore Fiori non nella figura
dell’editore quanto dell’editor: anche questo procedimento, che dovrebbe
parzialmente liberare l’autore dai vincoli fin troppo angusti dell’io
autoriale, sembra rispondere più a un intento ludico, volto a mettere in moto
la narrazione e a intercettare l’attenzione del lettore lungo la scia
dell’enigmatico sogno di poeti cui si fa riferimento.
L’opera procede articolandosi in
tre sezioni. Nella prima, Quaderno del sogno, si raccolgono testi
ascritti ad autori fittizi, i poeti del
sogno, nelle cui vite e nei cui versi in realtà si cela lo stesso Fiori:
Un sogno
L’amore per il nemico appostato
per una bestia da soma
per un condannato
è amore più d’ogni altro.
L’amore di madre ad esempio
– diceva il prete spretato –
val poco, è nella natura del
parto
nessuna lo ha scelto, a tutte gli
è nato.
E dell’amore carnale provato
che dire – meno ancor meritato
l’amante non sceglie, non vede
non sente che l’altro, n’è
ubriaco.
Ma amare il nemico è vangelo
supremo
– ci dice nel sogno il prete
esiliato –
è l’unico amore che vale,
che ti salverà dalla pena
quando sarai giudicato.
Marianna Concordia, Poesie
complete, Via Emilia Edizioni, 1992.
Parlare con mani d’acqua
con la voce scolpire
o scrivere nell'aria
un addio
ma non riuscirci
lontanamente
solo lo sciabordio
dell’onda sulla lingua
“Non snaturare la voce imitando”
(Antonio Pibiri)
Alcuni assumono un tono
maggiormente speculativo, votato all’indagine esistenziale:
Saliamo su una barca ogni giorno
senza pedaggio al suo padrone
e avanziamo nella nebbia del
fiume
verso incerte direzioni.
Giunti alla riva, ogni notte
la riponiamo sul greto a fatica
dimenticando di ringraziare il
Padrone
per la barca di questa vita.
(Evaristo Seghetta Andreoli)
La terza sezione, Vita di un altro, è quella da cui
l’opera trae il proprio titolo. Essa raccoglie quarantadue brevi prose,
intessute di sapienza letteraria e ironia, acume e profondità di sguardo.
Alcune di esse, ancora una volta, assolvono a una funzione prettamente
metaletteraria:
Le
nostre telefonate erano in genere brevissime: accordi per incontrarci, conferme
o smentite, qualche scambio di informazioni. Tutti i nostri dialoghi sono
avvenuti guardandoci negli occhi. Ci fu però una sua accorata telefonata, verso
la fine degli anni Ottanta, che non posso dimenticare. Si stava interrogando
sull’opportunità o meno di bruciare le lettere di gioventù, corrispondenza in gran
parte amorosa ma non solo. Non mi disse – né allora né mai – chi fosse l’amata
e nemmeno volle dirmi dell’altro interlocutore, quello delle missive che
avevano (come ammetterà) contenuto politico. Tutta la lunga telefonata verteva
sulla legittimità morale della loro distruzione. Era attanagliato dal senso di
colpa che la loro eliminazione avrebbe potuto comportare. Parlava di uno strano
e mai sentito “dovere di conservazione del passato sub specie documenta” che
dovremmo tutti sentire riguardo a quanto abbiamo scritto di pugno, con passione
di mente e di cuore. La telefonata si concluse senza aver preso decisioni, e io
non ebbi più il coraggio di chiedergli notizie del destino di quelle lettere.
Pietro Romano
[1] F.
Bertoni, Letteratura. Teorie, metodi, strumenti, Carocci, p.145
[2] G. Nuscis, Antonio Fiori :Vita di un altro, da La poesia e lo spirito https://www.lapoesiaelospirito.it/2023/04/21/antonio-fiori-vita-di-un-altro/