Commento a margine (III) - "Poesie della voce nuova" di Simone Migliazza
rubrica a cura di Daìta Martinez
fotografia in copertina di Daìta Martinez
fotografia in copertina di Daìta Martinez
da Simone Migliazza, Poesie della voce nuova (Puntoacapo 2022, prefazione di Ivan Fedeli)
Ora che non ci sei l’autunno è più
vero, di notte non basta il lenzuolo
né la memoria dell’estate. Hai
lasciato due grucce vuote appese
alle maniglie dell’armadio. Fanno
da cornice allo specchio dove manchi.
I gatti sanno che ritornerai,
io un po’ meno: il loro istinto,
lo so, vale più della mia paura.
Nella via che si apre fra gli alberi
Nella via che si apre fra gli alberi
il silenzio è benigno, indisturbato.
Il lago col suo monte, me stesso:
tutto schiara. La neve pesa sopra
i rami. Nulla avrebbe coraggio
a dirsi vivo adesso. A ogni passo
temo che s’incrinino questa musica
asciutta, questa pace. Nella lana
aspra del cappello racconto storie
che finiscono l’una dentro l’altra.
Faccio piano, senza parlare. Niente
turbi questa mattina né i boschi.
Ti porto al fresco della sera
Vieni, ti porto al fresco della sera:
l’aria che sale da piazze e cortili
ha passato tutta la città. Sgombra
da qui si dà la vista ai campanili.
La mente t’accarezza, tu ti guardi:
stendi le braccia e senti questa sera.
Le parole e le cose
Vorrei che le parole e le cose
s’incontrassero e dal mondo di fuori
uscisse intonsa la poesia.
Farmi piccolo, diventare voce
che enumera i luoghi della bellezza.
Stilare elenchi infiniti di alberi,
nuvole e momenti, dire ogni cosa
senza mai fermarsi, finché c’è fiato,
finché questa vita mi lascia un cuore,
mi lascia vivo. Diventerei allora
come lo spazio buio dentro a un liuto
o a una chitarra. Io, io che non servo
se non a sentire, vivo a ogni suono
che passa e un’ombra subito dopo.
Tanto basterebbe a dirsi umani
e al dolore sarebbe rimedio.
Questa felicità
Questa felicità te la dirò
in versi piani e un poco logori
oggi, in questo primo giorno d’autunno,
quando le foglie restano ancora
per il picciolo attaccate agli alberi
e l’aria è dell’azzurro che il mare
aveva a maggio, quando dell’estate
non avevamo che un presagio avaro
e difettoso di realtà. Adesso,
un vento quieto spazza le mattine
in certi giorni e del temporale
notturno resta l’umido in strada
e qualche goccia sui vetri che trovo
in cucina al risveglio e coi gatti
condivido. Tu dormi ancora al buio
innaturale della stanza e càpita,
allora, di sentire come un suono
e che muto mi volti al pianoforte
in cerca di una musica che manca.
È lì che il disegno della vita
appare chiaro: non trema il cuore,
l’anima un istante non trasale.
Nel fumo di caffè sopra la tazza
non vedo che un profumo che svapora,
in quel silenzio un chiaro germogliare.
I gatti, sul tappeto, instancabili
si misurano in lotte di fratelli
e riconciliazioni. Tutta casa
è sciolta in questa calma, pure tu
e al tavolo, seduto, io aspetto
che la giornata inizi, senza fretta.
Ha esordito nel 2020 con la silloge Un estuario fecondo d’isole (Pluriversum edizioni). Suoi testi sono stati ospitati da “La bottega della poesia” su “la Repubblica” e, in traduzione spagnola, dal “Centro Cultural Tina Modotti”. È membro della giuria per il concorso letterario “Calabria in versi”. Nel 2022 pubblica, con Puntoacapo Editrice, la raccolta "Poesie dalla voce nuova".