I maestri (XII) - Ghiannis Ritsos
a cura di Luca Pizzolitto
fotografia all'interno dell'articolo di Claudia Castanò
(poesie tratte da "Testimonianze", Crocetti)
Una sigaretta accesa.
Una ragazza sulla spiaggia.
Una pietra caduta in mare.
Ha fatto appena in tempo a dire: vita.
Sotto l'oblio
L'unica cosa tangibile rimasta di lui era la sua giacca.
La appesero là, nel grande armadio. Dimenticata,
stipata sul fondo dei nostri vestiti estivi, invernali,
ogni anno nuovi, per le nostre nuove necessità. Finché
un giorno ci saltò all'occhio, - forse per il suo strano colore,
forse per il taglio fuori moda. Sopra i bottoni
restavano tre paesaggi uniformi, circolari:
il muro dell'esecuzione con quattro fori, e tutt'intorno il
nostro rimorso.
Press'a poco
Prende in mano oggetti scompaginati - una pietra,
una tegola rotta, due fiammiferi bruciati,
il chiodo arrugginito del muro di fronte,
la foglia entrata dalla finestra, le gocce
che cadono dai vasi annaffiati, quella pagliuzza
che ieri il vento portò sui tuoi capelli, - li prende
e là nella sua corte costruisce press'a poco un albero.
In questo press'a poco sta la poesia. La vedi?
Leggerezza
Il sole se ne va. Un battello entra in porto.
Una quiete rosa e d'oro, vaporosa. Risplende
un remo. È la scala di corda color porpora.
Tutto è leggero, - niente pietra e legno.
È il sopracciglio argento della luna rifratto. Tre
bottoni brillano appena sulla tua camicia.
E per la leggerezza la morte è inesistente.
(poesie tratte da "Molto tardi nella notte", Crocetti)
Inganni
Ore di oblio voluto o involontario. Spossatezza.
Chiudi gli occhi. Cosa ci guadagniamo, tanti secoli,
a scegliere insonni un bagliore dopo l'altro
in notti oscure, distinguendo appena
una finestra miniaturizzata negli occhiali
di un bambino miope, - una finestra diciamo così aperta
sul miracolo del mondo. Chi volevi ingannare?
Non te, naturalmente. Chiudi gli occhi.
Insuccesso
Vecchi giornali gettati in cortile. Sempre le stesse cose.
Malversazioni, delitti, guerre. Che cosa leggere?
Cade la sera rugginosa. Luci gialle.
E quelli che un tempo avevano creduto nell'eterno sono invecchiati.
Dalla stanza vicina giunge il vapore del silenzio.
Le lumache salgono sul muro. Scarafaggi zampettano
nelle scatole quadrate di latta dei biscotti.
Si ode il rombo del vuoto. E una grossa mano deforme
tappa la bocca triste gentile di quell'Uomo
che ancora una volta provava a dire: fiore.
Come un epilogo
Ricordatemi - disse. Ho percorso migliaia di chilometri
senza pane, senz'acqua, sopra pietre e spine,
per portarvi pane e acqua e rose. La bellezza
non l'ho mai tradita. Ho spartito equamente tutti i miei averi.
Non ho tenuto nulla per me. Con un giretto di campo
ho illuminato le nostre notti più feroci. Ricordatemi.
E perdonatemi quest'ultima tristezza: vorrei
mietere ancora una volta con la falce sottile della luna
una spiga matura. Rimanere sulla soglia a guardare
masticando il grano, un chicco dopo l'altro, con gli incisivi
ammirando e benedicendo questo mondo che lascio,
ammirando anche Colui che sale il colle nel tramonto dorato. Osservate:
sulla manica sinistra ha una toppa quadrata color porpora.
Non si distingue chiaramente. Soprattutto quella volevo mostrarvi.
E forse soprattutto perciò varrà la pena che mi ricordiate, appunto.
*
Strano, in quella casa bruciata erano rimasti intatti
il grande specchio e una fruttiera di vetro
con mele marce. Dalle finestre vuote si vedeva,
infinito, scintillante, il mare
come se non fosse accaduto niente. I morti
li seppellirono tutti insieme nel piccolo cimitero sulla collina. Gli altri
tornarono dopo una settimana, si fermarono davanti alla porta,
si segnarono e ripartirono. Il marinaio più giovane
si attardò un poco, entrò in casa inciampando nei resti bruciati
e vide nello specchio la figura intera di Theòdores Kolokotronis
con il suo elmo antico, sul suo cavallo, con in mano
un grosso grappolo di uva nera, che mangiava a chicco a chicco.
Qualcosa resta
Dopo tanti bombardamenti a tappeto
rimase intatto soltanto un muro della grande chiesa
con l'alta finestra; intatta anche
la bella vetrata della finestra
con colori viola, arancioni, azzurri, rossi
e raffigurazioni di fiori, uccelli e santi.
Perciò confido ancora nella poesia.
Perciò confido ancora nella poesia.
Ghiannis Ritsos è uno dei maggiori poeti del 900.
Nasce nel 1909 a Monemvasià, nel Peloponneso, in una famiglia benestante.
Dopo le scuole superiori si trasferisce ad Atene per frequentare l'università, ma contrae la tubercolosi e rimane per tre anni in sanatorio. Uscito, svolge vari lavori, tra cui il copista per una banca, l'attore e il correttore di bozze.
Militante di sinistra in una Grecia governata da dittature militari, viene più riprese arrestato e deportato in vari campi di concentramento, i suoi libri bruciati e messi al bando, sia durante l'occupazione nazifascista della Grecia, sia durante la dittatura dei colonnelli.
Autore assai prolifico, comincia a scrivere versi da giovanissimo, e in mezzo secolo di attività pubblica più di 150 raccolte, molte delle quali segnate da una fortissima aspirazione alla giustizia sociale, altre marcate da un'elaborata ricerca esistenziale.
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in patria e all'estero, e molte sue opere sono state musicate da importanti musicisti.