Massimiliano Damaggio: io scrivo nella tua lingua
In questo testo propongo una nota di lettura all’ultimo bel libro di Massimiliano
Damaggio, Io scrivo nella tua lingua, (Editrice Zona,
2022), cercando di evidenziare alcune caratteristiche della pubblicazione e dello
scrivere del nostro autore.
Ci troviamo di fronte, dunque, a una raccolta bilingue, e non dovrebbe sorprendere, dato che il nostro poeta, che vive in Grecia da molti anni, è anche traduttore.
È possibile che ci sia da parte di
Damaggio la volontà di mettere in relazione la lingua del paese di origine con
quella greca, parlata nel paese in cui si è stabilito. Senz’altro la lingua ha un peso rilevante
all’interno di questa
opera, e lo si deduce anche dal bel titolo scelto. Il libro, suddiviso in
cinque sezioni, è costituito da una serie di testi poetici di lunghezza
breve o media, la cui sequenza tesse un percorso che si muove tra infanzia e età adulta. Come scrive Mia Lecomte nella
succitata nota << la relazione fra
il bambino e l’adulto di questa raccolta è costituita da un tessuto di lingue poetiche sempre al
confine di se stesse>>.
La memoria, o
meglio, i vari ricordi relativi all’infanzia danno movimento e organicità a tutta l’opera, in più, manifestandosi in maniera inaspettata,
come lame di luce attraverso una fessura, riescono a creare momenti di affascinante
potenza evocativa.
L’uomo adulto e il bambino di un tempo stabiliscono una relazione,
dunque, e viene da chiedersi in quale modo e in quale misura la vita dell’adulto sia segnata dalla trascorsa
infanzia.
Le parole servono per comunicare e vanno selezionate con
cura: talora può succedere di
doverle tradurre in lingue straniere, altre volte, invece, occorre trovare un
linguaggio adatto all’età dell’interlocutore, o dover inventare espressioni che entrino
in sintonia col suo stato emotivo. In questa silloge le parole non sono state scelte
e accostate per suscitare meraviglia, ma col fine di creare immagini efficaci e
coinvolgenti, dense di un sentire profondamente umano, e in grado di restituirci
tutta la complessità della realtà. Attraverso un modo diretto e senza
inutili artifici Damaggio sa mettere a nudo un mondo doloroso e traumatizzante:
<< Se stai piegata in due dentro la stanza / al primo piano della casa
abbandonata / mentre urli al bambino / che scappa, e cade per le scale, e si nasconde>>
per poi dirigersi, attraverso immagini tenui e sfumate, verso scene più quiete: << a volte vorrei
toccarti, ma poi non posso / e allora scrivo un luogo dove puoi correre e
giocare / insieme ad altri segni come albero, / torrente>>.
I ricordi emergono, come già detto, con la discontinuità tipica delle reminiscenze, con tutta la fragilità e labilità che fanno parte della loro natura, ma il poeta non si lascia trasportare passivamente dalla memoria, sa dirigersi in quel cosmo infantile con consapevolezza, cosciente che l'infanzia è un territorio in cui le aspettative e le trame dell’uomo adulto non sono contemplate, dove il tempo esiste solo al presente ed è possibile << chiamare isola il cortile>>.
Sebbene la scrittura di Damaggio conservi sempre una misura
e una delicatezza anche nello svelamento del dolore, l’attenzione dell’autore si focalizza comunque su una
realtà difficile e
problematica, ed è interessante vedere come, proseguendo con la lettura, arrivino
d’improvviso squarci
di immagini luminose, luoghi, anche piccoli, da poter abitare con fiducia:<<
è anche questo un
rifugio / una luce senza suono>>.Troveremo, leggendo questa raccolta, un bagliore,
magari sepolto sotto uno spesso strato di polvere, che non sarebbe corretto, a
mio avviso, interpretare come una consolazione, o un’attenuazione delle grandi difficolta
del vivere. È possibile che quel
lieve e tremolante luccichio rappresenti solo una possibilità, un’ipotesi che al momento della scrittura
non si era verificata, ma che il poeta non nega a priori dato che: <<è ancora possibile una forma di gioia
per questo corpo>>.
Poesie scelte dal
libro e relativa traduzione in lingua greca
ma io non so scrivere nella tua lingua
di cosa si chiamava bambino
ed era viaggio di vento, irruzione
nel nuovo giorno, al calendario
scandalo
mi ha fatto tremare le mani
perché ti ostini ad accompagnarmi di nascosto
di fronte a un’improvvisa voragine di luce
μα εγώ δεν ξέρω να γράφω στη γλώσσα σου
αυτό που το ’λεγαν παιδί
κι ήταν ταξίδι ανέμου, εισβολή
στη νέα μέρα, στο ημερολόγιο
σκάνδαλο
έκανε τα χέρια μου να τρέμουν
γιατί επιμένεις να με συνοδεύεις κρυφά
στην έξοδο κάθε σήραγγας
μπροστά σε ένα ξαφνικό βάραθρο φωτός
III dalla pensilina
chi si abbraccia nel saluto, non sa
di salutare un arrivo
chi si vede nei vetri ha più paura
όταν αγκαλιάζεις κάποιον ενώ τον αποχαιρετάς
δεν ξέρεις πως αποχαιρετάς μια άφιξη
ενώ καθρεφτίζεσαι στα τζάμια
φοβάσαι να αγκαλιάσεις έναν άγνωστο
προς έναν τόπο που δεν υπήρξε
non poteva essere e
il suo tempo di poco tempo
a giornata, arabesco
di pioggia
dietro porte senza uscita
fra i solchi
sui palmi e sulle braccia
di quando sfonda il vetro, nelle grida
della madre rinchiusa
in bagno
che arretra, cane, nell’angolo piu cavo
gli dico che esistono i colori, esistono le cose
in forma di carezza, e anche se ho paura
gli passo una mano fra i capelli
lo psicografo lo cerca nei disegni
e in fondo alla grafite c’e un bambino
che di notte, sul balcone
aspetta
l’astronave
που δεν μπορούσε να υπάρχει
κι ο χρόνος του, χρόνος μετρημένος
ανά ημέρα, βρόχινο
αραβούργημα
πίσω από αδιέξοδες πόρτες
ανάμεσα στις αλετριές
στις παλάμες και στα μπράτσα
ενώ θρυμματίζουν το τζάμι, στις κραυγές
της μητέρας του
έγκλειστης στο μπάνιο
σκυλί, που κάνει πίσω, στην πιο βαθιά γωνιά
υπάρχουνε, του λέω, τα χρώματα, τα πράγματα
που μοιάζουν με χάδια, και αν και φοβάμαι
περνάω το χέρι μου απαλά μες στα μαλλιά του
ο ψυχογράφος το ψάχνει στα σκίτσα του
και στο βάθος του γραφίτη υπάρχει ένα παιδί
που τη νύχτα, στο μπαλκόνι
περιμένει
το διαστημόπλοιο
una era di mio padre
morto molto prima di scriverla
come lui era solo con la sua morte nella penna
e addirittura ha scritto:
ah, sapevi che
το ένα ήταν από τον πατέρα μου
που πέθανε πολύ πριν το γράψει
όπως εκείνος ήταν μόνος με τον θάνατό του στο στυλό
γιατί συνέβησαν μετά τον θάνατό του
όμως εκείνος δεν τα γνώριζε
και μάλιστα έγραψε:
una luce senza suono che scivola sul giorno
io e te sediamo sull’erba
la sera, e come scolora
il tuo nome nel suo
e ci piace quest’addio, incondizionato
ma da cui non vogliamo tornare
φως, χωρίς ήχο που γλιστράει στην ημέρα
κοιτάζουμε τη βραδιά
και πώς ξεθωριάζει
το όνομά σου στο δικό της
και μας αρέσει αυτό το αντίο, άνευ όρων
και δεν θέλουμε να επιστρέψουμε από
αυτό