Commento a margine IV: "55 poesie più una" di Oddo Mantovani


rubrica a cura di Daìta Martinez
fotografia di Manuela Dimartino


da Oddo Mantovani, "55 poesie più una" (L'Arcolaio, 2022, prefazione di Mirella Vercelli)



Come una volta: la casa,
il tavolo, Mozart e questo
bianco foglio paziente.

Ma io sono che manco
che più non mi ritrovo
fra queste buone cose
che una volta mi davano
l’orgoglio della fuga


*

Quante volte al giorno mia madre
sale e scende le scale, non so.
Ma certo devono essere tante
se a sera, all’ora di cena,
ogni tanto le si chiudono gli occhi.


*

Ci si ama nell’unione degli addii
ubbidienti al segreto di svanire.


*


Spesso mi chiedo
se quel che dico, sempre
altro non sia
che il guscio delle cose.


*

Tu non sai che sovente t’immergi
nel mio stagno di lampade tarde
e filtri carezze, riaffiori
portando il mio cuore più in alto.






L’eleganza del silenzio, quando nella parola si rivela, sorge quale lieve soffio sul viso del tempo in un raffinato contrappeso esistenziale quale matrice di ogni attesa che ben conosce del gesto della sera la carezza scesa sul dorso della vita. Vita che, in Oddo Mantovani, respira il canto a nome di una solitudine riservata e universale che ritrova i suoi sogni e l’avvertita chimera che divise / il sole dalle croci, e con grazia a lui propria, avverte e ci avverte di ogni istante dell’accadere umano dentro a una nostalgica trasparenza, dell’eterno e dell’amore dove è un angolo di luce il suono che attraversa il verso perché è di luce il verbo che ne custodisce il senso. Il Poeta (e mi permetto il maiuscolo perché dovuto quando vi è presenza) ha postura nell’essenziale e nella consonanza di quelle voci / di angeli notturni in equilibrio / sulla luna. Equilibrio che è, in Mantovani, espressione di un sensibile poetico che odora la voce nell’incontro con quella luna appoggiata sul risvolto di un libro schiuso tra le dita di una pacata tenerezza accolta nella estensione di una cifra stilistica intesa nella conca di una tradizione che ha peso specifico nell’espressione di una perfetta, mai ostentata, sincronia di bellezza.






Oddo Mantovani, è nato nel 1942 a Montegranaro, una cittadina delle Marche non lontana dal mare e non lontana dai monti; abita lì da sempre. Ha insegnato italiano, latino e greco nei licei. Ha scritto versi sin dagli anni del collegio, abitudine mai del tutto abbandonata. Ha osato anche la prosa: I sette, Lettera di classe, La morte di Amleto, Dopo cena, Personae. Affronta la vecchiaia con la lettura, sempre nella speranza che serva.

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